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Si è tenuta oggi la presentazione del rapporto “Ventimiglia ai margini 2024”, elaborato da Caritas Intemelia OdV, Diaconia Valdese Servizi Inclusione, Medici del Mondo e WeWorld Onlus.

“Con la situazione attuale dobbiamo pensare a una risposta umanitaria integrata, contando anche la condizione che le persone vivono in questa fase in città. Noi collaboriamo quotidianamente da diversi anni, è un contributo aggiuntivo che possiamo dare tutti insieme su questo tema importante, ormai una realtà da un decennio“, esordisce Maurizio Marmo, presidente della Caritas diocesana Ventimiglia-Sanremo.

Il 2023 è stato l’anno più intenso in termini di arrivi dal 2017, dall’Africa francofona in particolare, il che è una conseguenza diretta degli sbarchi”, spiega il referente progettuale per WeWorld Onlus, Jacopo Colomba. “Nel 2023 gli arrivi sono stati 160mila e principalmente dalla rotta tunisina, una variante rispetto al contesto a cui eravamo abituati. Nel 2024 la realtà è cambiata notevolmente come conseguenza a degli accordi di natura geopolitica“.

In primis l’accordo tra l’Italia e la Tunisia, il quale ha determinato una forte riduzione della flusso dalla rotta tunisina, da cui giungono principalmente tunisini e non più persone provenienti dall’Africa dell’Ovest che trovavano in Tunisia un punto di partenza.

“Gli arrivi sulle coste italiane nel corso del 2024 sono diminuiti del 68%, principalmente si tratta di arrivi dalla rotta libica più che tunisina, e anche gli arrivi nel territorio di Ventimiglia sono diminuiti di conseguenza. Altro fattore importante che ha consentito questa riduzione è stara la sentenza del Consiglio di Stato francese del 2024. A Ventimiglia l’attenzione politica e mediatica resta comunque alta, i dati della Prefettura di Nizza risalenti a febbraio 2024 dimostrano che sono state intercettate ai varchi tra Ventimiglia e Mentone circa 15mila persone, di esse ne sono state rimandate indietro circa 8600, mentre nel 2023 erano più di 30mila. Siamo di fronte a un fenomeno che cambia, si evolve, ma non cessa di porre sfide e complessità”, aggiunge ancora Colomba.

Simone Alterisio, responsabile della Diaconia Valdese per le Frontiere Nord ha spiegato: “Come CDS siamo su Ventimiglia dal 2017, abbiamo visto e vissuto i cambiamenti della situazione in forma diretta. Il Campo Roya dava supporto alle persone in transito e anche a quelle che insistevano sul territorio, oggi questa realtà non c’è più e per questo cerchiamo di unire le forze per dare noi le risposte e il sostegno necessari. Reagire alla chiusura del Campo è stato il primo grande sforzo per cui ci siamo uniti”.

L’obiettivo a quel tempo era dare un supporto alloggiativo di emergenza alle famiglie in transito e alle donne sole che si sono ritrovate all’improvviso per la strada. Necessità che ha portato le varie associazioni a collaborare ancora più serratamente per strutturare i servizi.

Serena Ragazzoni di Caritas Intemelia è poi intervenuta: “Nel 2024 abbiamo visto un calo vertiginoso rispetto alla presenza di persone in viaggio che si approcciavano ai nostri sportelli, circa l’80% in meno rispetto al 2023, e anche questo fatto ha cambiato lo scenario e i suoi risvolti territoriali. La stessa città di Ventimiglia, che vive da 10 anni una situazione di questo genere, sta tuttora convivendo con un aggravamento delle condizioni nonostante le presenze siano diminuite.”

Dai dati forniti si evince che, principalmente, ad oggi i presenti sono persone che permangono sul territorio per lungo tempo, con gravi problematiche e fragilità.

“Il fenomeno è cambiato e sarebbe necessario leggerlo per quello che è oggi: una situazione più complessa rispetto a prima e che necessita una risposta più complessa. Abbiamo unito un’equipe multidisciplinare, ma vorremmo anche una maggiore partecipazione delle Istituzioni, per poter dare una risposta anche al territorio”, conclude.

Tra i presenti nel ponente ligure figurano individui che non hanno una forma di protezione e vivono per un periodo sotto un ponte, esposti alla criminalità, ma anche persone che hanno un visto e potrebbero risiedere in città. Gli irregolari puri, spiega il gruppo, sono pochissimi: i dati dimostrano che coloro che devono essere portati in CPR corrispondono a un numero davvero esiguo.

“Ci troviamo spesso di fronte a persone con problemi gravi esistenti già al loro arrivo qui, ad esempio disturbi post traumatici da stress“, interviene Christian Papini, direttore della Caritas di Ventimiglia. “Trovandosi in una situazione di questo tipo tali individui sviluppano altre problematiche: come facciamo ad aiutarli se vivono sotto un ponte?

Il rappresentate di Medici del Mondo, Mustafa, ha poi aggiunto: “Incontriamo varie patologie nei migranti, non solo fisiche. I problemi più sottovalutati sono psichici, ma noi non possiamo sostituire le Istituzioni. Possiamo segnalare e chiedere cure e controlli, ma non abbiamo il potere per sostenerli come farebbero le Istituzioni. Per fare un controllo medico serve la tessera sanitaria, per avere la tessera sanitaria serve la residenza, per avere la residenza serve il permesso di soggiorno. È un circolo vizioso.”

Con il Centro di Salute Mentale di Ventimiglia la collaborazione è grande e continua, ma permane il problema dell’assenza di un alloggio per gran parte dei migranti: le donne e i bambini accolti nel PAD di San secondo corrispondono al 10% dell’intera categoria. A restare escluso è, dunque, quasi la totalità: il 90%.

“Il Campo Roya era funzionale, un punto importante di aiuto per la maggior parte delle persone in arrivo su Ventimiglia. Oggi forse un intervento di quel tipo è quello che manca. A essere esclusi dal Campo erano quegli individui con segnalazioni di pericolosità sociale, seguiti dalla Polizia“, riprende la parola Jacopo Colomba.

Ad oggi i migranti senza dimora che occupano il greto del fiume e l’area al di sotto del cavalcavia cittadino sono circa 70, con numeri in continuo cambiamento.

“Per gli uomini manca tutto, sia per chi è solo in transito che per chi richiede asilo. Abbiamo attivato con contributi privati un piccolo progetto per fornire un alloggio a chi lavora, ma servirebbero comunque maggiori risorse e risposte”, spiega ancora Marmo.

“Chiederemo la convocazione del Tavolo della Vulnerabilità, istituito il 9 gennaio 2025 dalla Prefettura di Imperia e mai convocato ad oggi. Dovrebbe avere lo scopo di intervenire in queste situazioni in maniera integrata con le altre realtà del territorio, tra cui le Istituzioni”, anticipa Serena Ragazzoni.

Contemporaneamente continua a non fermarsi la ricerca di abitazioni per i ragazzi stranieri seguiti dalle associazioni, quei giovani che lavorano e possono essere autonomi. La necessità non riguarda solo i migranti, ma è estesa anche a famiglie e persone italiane in condizioni analoghe.