Nella notte scorsa, una rivolta di circa cinquanta detenuti ha scatenato il caos nel carcere di Sanremo, causando ferimenti a un agente della polizia penitenziaria. Secondo quanto riportato dalla Uilpa Polizia Penitenziaria, un intero reparto della struttura è stato coinvolto in atti di violenza, con incendi e danneggiamenti alle celle.
Gli agenti hanno dovuto intervenire utilizzando estintori e idranti per domare le fiamme. La protesta è stata innescata dal ritrovamento di un cellulare nascosto all’interno di un pacco di cereali, motivo di forte tensione tra i detenuti e il personale penitenziario.
Dopo diverse ore di scontri e tensione, grazie all’intervento tempestivo degli agenti richiamati in servizio, l’ordine è stato ripristinato intorno all’una di notte. Tuttavia, durante gli scontri, un agente è rimasto ferito e è stato trasportato in ospedale con una prognosi di cinque giorni.
Il segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria, Fabio Pagani, ha evidenziato la precaria situazione organizzativa delle carceri italiane, sottolineando che anche un singolo detenuto può mettere in crisi l’intero istituto penitenziario. “Del resto, basti pensare che di pomeriggio alla casa circondariale di Sanremo, con oltre 270 ristretti, prestano servizio in media una decina di agenti. Ciò appare ancora più paradossale, peraltro, nell’esatto momento in cui dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è stata avviata la selezione di 45 unità da destinare a un carcere di 20 posti per migranti in Albania. Prima che accada l’irreparabile, più di quanto non sia già successo, il Governo si dia una mossa e prenda compiutamente atto dell’emergenza”, conclude Pagani.
Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che esprime solidarietà e vicinanza al poliziotto ferito ed a tutto il Reparto operativo di Valle Armea, servono “interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. Servono poliziotti e regole d’ingaggio chiare, tecnologia e formazione per chi sta in prima linea nelle Sezioni, strumenti di difesa e contrasto delle violenze”.
Il riferimento del leader nazionale del SAPPE è alla necessità di “prevedere l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene e la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario”.
Ma Capece torna anche a sollecitare, per la Polizia Penitenziaria, “la dotazione del taser, che potrebbe essere lo strumento utile per eccellenza in chiave anti aggressione (anche perché di ogni detenuto è possibile sapere le condizioni fisiche e mediche prima di poter usare la pistola ad impulsi elettrici)”.
I sindacalisti del SAPPE ricordano infine che introdurre o possedere illegalmente un telefono cellulare in carcere costituisce reato, punito da 1 a 4 anni di reclusione. “L’introduzione del reato nel nostro Codice penale, purtroppo, non ha sortito gli effetti sperati; l’unico deterrente possibile rimane la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni. La situazione è ormai fuori controllo. È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l’introduzione di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari”.
E si appellano al DAP: “domandiamo ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a che punto è proprio il progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.