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La Caretta Caretta è la più comune fra le tartarughe marine presenti nel Mediterraneo. Rettile onnivoro diffuso in molti dei mari del pianeta, fino a pochissimo tempo fa i suoi luoghi di nidificazione in Italia erano concentrati prevalentemente nel sud, con Sicilia, Calabria e Campania mete privilegiate.

Dall’inizio degli anni ’20, si sono verificati ritrovamenti sporadici di uova, che tuttavia sono diventati sempre più frequenti nelle spiagge e nei lidi della Toscana e della Liguria. Proprio nella nostra regione, l’8 settembre 2021 a Finale Ligure è stato individuato il primo nido, seguito l’anno successivo dalla scoperta di un altro nido a Levanto il 15 luglio.

Ritrovamenti recenti

Quest’estate sono stati rinvenuti fino ad oggi due nidi in un periodo di tempo e in luoghi molto vicini tra loro. Infatti, in pochi giorni sono stati scoperti due nidi a Laigueglia e ad Arma di Taggia.

Quello di Arma, oltre ad essere il quarto ritrovamento in Liguria è il primo registrato nella provincia di Imperia.

Situato sulle spiagge del Piccolo Lido, le tracce del passaggio del rettile erano state rinvenute dalla signora Federica che aveva – tramite le locandine di sensibilizzazione presenti nello stabilimento – riconosciuto le impronte di tartaruga sul bagnasciuga, durante una passeggiata mattutina. L’animale è stato ribattezzato dai biologi con il nome della signora che ha rinvenuto le tracce.

Il riscaldamento globale e il cambiamento delle aree di riproduzione

La nidificazione delle tartarughe di mare sulle spiagge liguri è un fenomeno relativamente nuovo e inedito per le nostre latitudini, segno dei cambiamenti nelle abitudini di questi animali e delle condizioni ambientali che influenzano la loro diffusione e, nel caso di specie a rischio come la caretta caretta, la loro preservazione della specie. Tuttavia, questo scenario non è del tutto inatteso.

Da tempo alcune associazioni locali, impegnate nella sensibilizzazione sulla vita marina, come i Delfini del Ponente, insieme ai biologi e tecnici di importanti istituti a livello regionale e non solo, come l’Acquario di Genova e il GLIT (Gruppo Ligure Tartarughe di mare), hanno avviato campagne di sensibilizzazione sul fenomeno. Attraverso incontri, eventi a tema e volantini con istruzioni, questi sforzi si sono rivelati decisivi. Ad esempio, i volantini hanno permesso di riconoscere immediatamente le impronte lasciate dalla tartaruga sulle sabbie di Arma di Taggia.

“Il riscaldamento globale ha causato lo spostamento delle aree di riproduzione storiche del Mediterraneo del sud verso il Mediterraneo nord-occidentale,” spiega Davide Ascheri, biologo marino e presidente dell’associazione Delfini del Ponente, ai nostri microfoni. L’associazione, insieme alla Capitaneria di Porto e al Comune di Taggia, è stata tra le prime a intervenire dopo la scoperta del nido sulla spiaggia di Arma di Taggia. “Qui le tartarughe trovano condizioni ideali per alimentarsi e riprodursi. A questo si aggiunge il significativo sforzo di protezione dei nidi in Italia e in altri paesi come la Grecia. Questo impegno ha portato al recupero, cura e rilascio in libertà di sempre più tartarughe adulte, nonché alla sopravvivenza di un maggior numero di piccoli che raggiungono il mare e l’età adulta, incrementando così la popolazione di esemplari”.

Convivenza tra tartarughe marine e turismo

Un grande interrogativo riguardo alla prospettiva di un aumento della frequenza del fenomeno in futuro riguarda l’impatto dei nidi di tartarughe marine sulle spiagge della Liguria e sul suo tessuto turistico balneare.

Contrariamente a molte località del sud, come le spiagge di Condofuri e Bova Marina in Calabria, che offrono ampi spazi e litorali spesso privi di attività turistiche private, la Liguria presenta una conformazione più ristretta e una fitta presenza di stabilimenti balneari privati.

Su questo interrogativo, gli esperti che da anni si occupano della questione rassicurano gli operatori: “Si tratta di una situazione che riscontriamo anche in altre località d’Italia. La convivenza eventuale tra tartarughe, operatori balneari e turisti non è un problema. Ci siamo mossi in anticipo anche su questo fronte, organizzando corsi per operatori e bagnini. Inoltre, grazie alla collaborazione con la Capitaneria di Porto e i Comuni, abbiamo spesso organizzato eventi e laboratori per informare la popolazione il più possibile su questo fenomeno ancora poco conosciuto”.

“Quando un nido viene trovato, lo stabilimento non viene assolutamente chiuso”, continua Ascheri. “Ne viene recintata una specifica zona. Nel caso di Arma di Taggia circa un metro quadrato, che comporta eventualmente la perdita di una singola postazione/lettino. Dopo il ritrovamento del nido, abbiamo contattato la Capitaneria di Porto e membri del GLIT. Noi siamo arrivati sul posto e abbiamo recintato la zona del possibile nido, nell’attesa di capire dove fossero effettivamente localizzate le uova. Abbiamo poi messo in sicurezza tutta un’area considerata come potenziale luogo di nidificazione ed assieme all’amministrazione di Taggia abbiamo inoltre chiuso una zona dove si trovavano le tracce, per far vedere ai curiosi le impronte di mamma tartaruga. Una volta poi arrivati i colleghi dell’Arpal e del GLIT abbiamo ispezionato il nido e confermato la presenza delle uova. Quindi l’area è stata ridotta e sul nido è stata posta una gabbia che proteggerà le uova fino alla schiusa”.

“Tutti gli enti coinvolti concordano una soluzione per ottimizzare gli spazi e recuperare eventualmente la postazione/lettino in un’altra zona della spiaggia. Inoltre, bisogna considerare la visibilità che questo fenomeno porta: trattandosi delle prime situazioni di questo tipo, la curiosità che suscitano i nidi può rappresentare un’opportunità a livello mediatico ed economico, piuttosto che un problema”.

Sulle uova presenti ad Arma di Taggia è presente inoltre un servizio di vigilanza attivo di notte dalle 22 alle 6 per tenere sotto controllo lo stato del nido.

Nel video servizio a inizio articolo l’intervista completa a Davide Ascheri dei Delfini del Ponente.