Sinistra in Comune per Imperia e Sinistra Italiana intervengono sulle dichiarazioni di Scajola che hanno accompagnato il voto favorevole della maggioranza alla mozione sulle pietre d’inciampo a memoria dei deportati imperiesi nei campi nazisti.
Di seguito il testo integrale della nota stampa:
“Le dichiarazioni con cui il sindaco Scajola ha accompagnato il voto favorevole della sua maggioranza alla mozione del gruppo di minoranza “Imperia al centro” sulle pietre d’inciampo a memoria dei deportati imperiesi nei campi di sterminio nazisti, sono lo specchio dell’approccio culturale del sindaco sulla storia e la democrazia.
Dal suo rientro nell’agone politico dopo le ultime vicende giudiziarie, peraltro ancora aperte, Scajola ha costruito la sua comunicazione per accreditarsi il ruolo di moderato antisovranista, alternativo sia all’approccio antisistema dei Cinque Stelle, sia al nazionalismo salviniano ammiccante ai nostalgici della destra estrema.
Insomma, un profilo da liberale democratico con velate aperture al mondo progressista, soprattutto sul tema dei valori costituzionali, apparentemente inconciliabile politicamente rispetto ai nuovi “barbari” leghisti e in polemica con il modello politico dell’alleanza a sostegno di Toti.
Che questa posizione fosse strumentale e difettasse di credibilità e sincerità era il pensiero della parte più critica della sinistra, tra cui la nostra, mentre alcuni in area di centrosinistra sembravano invece guardare con interesse all’operazione politica che aveva messo in moto.
Le dichiarazioni di Scajola in Consiglio Comunale a motivazione del voto sulla mozione sulle pietre di inciampo restituiscono con tutta evidenza le buone ragioni degli scettici sulla qualità della sua riconversione politica.
In quella occasione, in cui si parlava della Shoah ovvero della più vergognosa e drammatica vicenda dell’umanità moderna, con il suo richiamo delle “altre pagine oscure della nostra storia (foibe, gulag) e la citazione “anche di alcune violenze da parte di esponenti della Resistenza”, Scajola è passato dall’atteggiarsi a Taviani a rappresentare una sottomarca del peggior Salvini. Con quelle parole il sindaco di Imperia, annunciando il voto favorevole ad una mozione presentata per dare un segnale contro una montante propaganda antisemita e neofascista in Italia, ha invece “lisciato il pelo” proprio a quella destra revisionista e nostalgica che, in assenza di argomenti sulle proprie responsabilità storiche, cerca di sollevare una cortina fumogena mettendo sullo stesso piano vicende incomparabili con anche qualche attacco alla Resistenza.
Insomma un “inciampo” sì, ma a destra.
Scajola con quell’intervento ha ricalcato infatti lo schema politico diversivo delle destre nostalgiche, un autentico insulto alle vittime della Shoah, poichè equipara ad altre, anche dolorose, vicende storiche lo sterminio di milioni di persone operato su base etnica e religiosa da parte di un regime che ha teorizzato la superiorità della razza ariana e causato il più sanguinoso conflitto militare della storia dell’umanità.
Esattamente lo schema comunicativo di quel Salvini, tanto inviso a parole ma con cui invece le affinità sono alquanto evidenti.
Facendo un breve esercizio di memoria si possono infatti ripassare le sensibilità democratiche di Scajola su certi temi rileggendo le sue dichiarazioni dopo le vicende del G8 di Genova del 2001, con le quali difendeva a spada tratta l’operato delle forze dell’ordine dopo le violenze in piazza contro i manifestanti pacifici, la morte di Carlo Giuliani, l’irruzione nella scuola Diaz e le violenze avvenute nella caserma di Bolzaneto. Vicende che hanno portato a pesanti condanne per violazione dei diritti umani a carico del nostro Paese e che hanno a lungo pesato sull’immagine delle nostre forze dell’ordine, ma su cui neanche a posteriori, l’allora ministro dell’interno ha avuto la dignità di esprimersi in senso autocritico.
C’è da domandarsi se anche per Scajola, come per Salvini, la sentenza di condanna dei carabinieri colpevoli della morte di Stefano Cucchi possa essere commentata dicendo che dimostra che la droga fa male.“