Iniziati lo scorso venerdì e con un weekend già alle spalle, i saldi invernali che dureranno sino al 15 marzo, oggi sono arrivati al quinto giorno. La sensazione è che l’avvio non sia stato per nulla positivo per il comparto dell’abbigliamento, uno dei più in crisi con quello della ristorazione.
La luccicante Sanremo non si salva dal pesante clima che si respira ovunque e le opinioni raccolte presso un piccolo ma rappresentativo gruppo di commercianti non fanno che confermare i pochi affari e lo scoramento generale.
“Il lavoro è pochissimo, l’inizio saldi è come non ci fosse stato – dice Mathias Verdecchia di Denim in via Feraldi – forse perché è stato preceduto dalla vendita promozionale. Non c’è gente, non c’è turismo, la situazione è critica”.
“Noi pratichiamo sconti dal 30 al 50% – dice – ma potremmo arrivare al 60, 70% che non cambierebbe nulla: se non c’è gente e non ci sono soldi da spendere puoi fare lo sconto che vuoi che intanto non serve. Come si fa ad andare avanti? Si cerca di sopravvivere sperando che questa situazione finisca prima possibile”.
“Un primissimo bilancio è molto molto negativo – dice Daniela Chiaramella di Stefanel in via Matteotti – la data del 29 gennaio come inizio saldi non è stata presa in considerazione dalla gente. Quello che abbiamo perso a dicembre non si recupera più, non ci sono gli stranieri e i clienti delle altre regioni. Questo è un piccolo bagno di sangue”.
“Gli sconti che pratichiamo vanno dal 30 al 70% – dice – ci sono veramente grandissime occasioni da prendere al volo ma come si può vedere non c’è gente. E noi vendiamo un genere che non è considerato di prima necessità, se ci sono pochi soldi la precedenza ce l’hanno le bollette e i generi alimentari. Per quale motivo dovrebbero entrare in massa e comprare un cappotto o un maglione? E’ molto più probabile che si comprino un pigiama o una tuta”.
“E non parliamo delle vendite online – termina Daniela – che soprattutto a dicembre ci hanno massacrato: noi non potevamo fare vendite promozionali e loro hanno approfittato di questa opportunità che gli abbiamo servito su un piatto d’argento. La gente resta in casa e compra comodamente sulla rete approfittando dei prezzi e della politica aggressiva dei colossi online che non si fermano mai”.
“Non sta andando per niente bene – conferma Antonio di Rinascimento-Nero Giardini in via Palazzo – in giro c’è pochissima gente, solo abitanti del posto visti e rivisti. I nostri sconti vanno dal 20 al 50% e in certi casi non si recupera neppure l’Iva. Ribadiamo l’appello di comprare nei negozi di prossimità e non online, noi garantiamo un servizio alla cittadinanza. Purtroppo il pericolo è la desertificazione del centro, già si vedono negozi chiusi, noi a gennaio lamentiamo un calo del 75% rispetto allo stesso mese del 2020”.
“Per continuare a tenere aperto – spiega – stiamo mettendo soldi di tasca nostra, risparmi di 35 anni di lavoro ma non so per quanto riusciremo ancora a resistere e in queste condizioni sono moltissimi commercianti”.
Terminiamo questo giro di opinioni con Luca Lombardi storico commerciante e consigliere comunale a Sanremo: “Non c’è nulla che faccia pensare che siamo in periodo di saldi, anche nel fine settimana non abbiamo avuto riscontri anche perché eravamo ancora in ‘arancione’ e gli abitanti di altri comuni non potevano venirci a trovare”.
“Questa partenza molto molto timida – spiega – era anche prevedibile se inserita nel contesto in cui stiamo vivendo. Proponiamo sconti dal 20 al 50%, oltre penso si possa fare solo per merce non della stagione in corso ma precedente. Il problema però non è lo sconto applicato ma la capacità di spesa del cliente, e per noi la quasi impossibilità di intercettare clienti dalla Francia e dalle regioni vicine”.
“A fronte di tutte le chiusure imposte dai Dpcm – sottolinea – abbiamo avuto un ristoro ad aprile ed ora si rischia il tracollo che sembra passare quasi inosservato. Un modesto aiuto ce l’hanno offerto le vendite promozionali autorizzate dall’inizio di gennaio ma è improponibile fare paragoni con l’anno scorso. Ci sentiamo un po’ abbandonati come filiera del tessile e dell’abbigliamento: marzo, aprile e maggio scorsi siamo rimasti totalmente chiusi in quello che è il periodo delle cerimonie (matrimoni ma anche cresime e comunioni). Tutti quegli abiti invenduti sono stoccati in magazzino ma li abbiamo già pagati e chi non ci è riuscito adesso è pieno di debiti”.
“A Natale abbiamo avuto diverse richieste di tute per stare in casa – racconta Lombardi – e noi che compriamo da un anno all’altro come potevamo prevedere che ci sarebbe stata una richiesta così particolare? Come sempre noi ci siamo riempiti di vestiti per Natale e soprattutto Capodanno, ed anche per un Festival del mese di febbraio, e adesso altro che saldi per riuscire a smaltire tutta questa merce invenduta”.