Claudio Scajola è intervenuto in diretta nazionale su La7, come ospite e occhio interno del terremoto politico che si è scatenato ieri in Liguria. Nonostante, sorprendentemente, l’apertura della trasmissione sia stata dedicata al tema calcistico: “Tifo Roma, è una passione antica” il clima nello studio de ‘L’aria che tira’ era piuttosto leggero, ad inizio puntata, rotto da una battuta inopportuna di David Parenzo “A sua insaputa?” La frase rimane attuale ma, nello specifico, fuori contesto.
Entra in campo il tema centrale: la questione Toti ed il terremoto in Regione Liguria. Nello schermo, al primo cittadino imperiese si affianca l’ex magistrato Piercamillo Davigo che spiega come mai l’indagine fosse già chiusa ai primi di dicembre ma le ordinanze siano scattate soltanto a inizio maggio. Qualcuno legge una mossa politica, in vista delle elezioni europee ma Davigo replica: “Un magistrato non ha una sola indagine da seguire, magari ne ha centinaia. Il faldone poi è da 654 pagine, da compilare tutte e senza errori. Vogliamo ancora dire che ci voleva meno tempo?”
Su questi punti viene interpellato Claudio Scajola che, all’indomani dell’apertura del Totigate, prova a difendere l’ex governatore: “In Liguria non c’era aria di una inchiesta pesante e quando ieri è nata questa notizia, ho provato tristezza e perplessità. Tristezza perché conosco Toti e ho avuto molti rapporti con lui, soprattutto nell’ultimo periodo, pur non appartenendo e non condividendo delle sue posizioni politiche del passato. E poi perché quando avviene qualcosa di molto forte come un arresto, è un colpo soprattutto per chi crede nelle istituzioni. E nel contempo perplessità perché è vero che i magistrati hanno molto da fare ma non va confusa l’inchiesta su un pollaio con quella riguardante il Presidente di una Regione. E sicuramente vanno fatte delle valutazioni che lasciano perplessità: sia perché sono fatti risalenti al 2020, sia perché nata nell’imminenza delle elezioni regionali – e prosegue -. Ma al di là di questo, la tristezza e perplessità è sul tema: siamo tutti a diventare colpevolisti e scandalizzati per i titoli che leggiamo. Però bisognerebbe approfondire meglio a questi temi, perché non credo che si conceda, per trent’anni, di un terminal del porto più importante d’Europa per un compenso da 70.000 €uro. Che poi non è un compenso che va nell’arricchimento del Presidente della Regione o altro ma entra nel pasticcio nel quale, non esistendo più il finanziamento pubblico, si confonde un contributo che dà una fondazione per fare politica. È un argomento che non credo si possa affrontare leggendo solo titoli dei giornali perché non si fa altro che gettare discredito sulle istituzioni. Tutte quante. Perché ora sembra quasi che dobbiamo screditare i magistrati oppure i politici.”
“Non si è estirpata la corruzione in Italia ed è insita nell’uomo” continua nel secondo intervento U’ Ministru “Ed anzi, tutti gli eccessi e le normative che avevano come buono scopo quello di rendere più trasparente le amministrazioni, hanno reso più vasta la ragnatela della corruzione. Dobbiamo però dare delle regole che possano evitarlo: ad esempio, siamo l’unico paese nel quale il candidato alle Europee fa la sua campagna su un collegio di 10 milioni di elettori, abbiamo costruito delle norme per disconoscerle. Nel Nord-Ovest sono 11 milioni gli elettori, un candidato come può fare la propria campagna ed essere conosciuto, in un collegio di queste dimensioni? E così per tutta l’organizzazione e l’architettura dello stato.
Intanto distinguerei Toti dalle altre cose, dato che si è fatto fare dei bonifici alla sua associazione: è un problema che non va bene (moralmente e per opportunità, ndr)? Probabilmente sì ma non so se ci saranno illeceità su questo.”
Il dibattito si sposta in quella che sta diventando una questione quasi eterna: fino a che punto arriva l’opportunità e dove comincia a configurarsi il reato? E viene da pensare che se la premessa è questa, la sconfitta sia già alla partenza “I provvedimenti non vengono fatti a capocchia, una sera su uno yacht, a firmato soltanto del Presidente della Regione. Certo che c’è stata troppa disinvoltura, forse anche un modo di parlare e amicizie nel tempo, ma attenzione a non fare diventare reato ciò che non lo è. Lo andremo a vedere nelle carte. Ma attenzione ai processi del popolo: perché il provvedimento su una concessione non lo fa soltanto il Presidente della Regione ma intervengono almeno dieci autorità. Ho una preoccupazione fortissima: su questi episodi, siamo cauti nel continuare a gettare discredito sulle istituzioni perché non andrà a votare più nessuno.”