Dopo le numerose mostre dedicate ad artisti del Ponente Ligure, gli spazi del Museo Civico si aprono alle opere di un artista inglese legato al nostro territorio.
La mostra, curata dallo storico dell’arte Alfonso Sista, sarà inaugurata domani, venerdì 26 ottobre, alle 16.30. Resterà aperta al pubblico fino a sabato 1° dicembre (orario di apertura: da martedì a sabato ore 9-19).
L’esposizione intende rendere conto dell’attività dell’artista inglese Kevin Flynn, da anni insediato a Borgomaro dove ha instaurato un proficuo contatto con la natura dei luoghi e con la loro anima, attraverso il recupero di oggetti della vita quotidiana ormai in disuso o addirittura trattati come rifiuti.
L’artista ha conferito a questi oggetti una nuova vita recuperando, attraverso una nuova visione artistica, la testimonianza di una memoria collettiva in parte perduta ma legata all’identità di Borgomaro e dell’intera Liguria di ponente.
Flynn si serve di materiali di recupero che assembla in forme inedite, quasi dei totem arcaici, in cui l’antica funzione viene esaltata dalle nuove forme che gli oggetti assumono con risvolti concettuali insperati.
KEVIN FLYNN E IL NEW DADA
L’opera di Flynn si inserisce a pieno titolo nel clima culturale del New Dada che prevede il recupero e montaggio di prodotti usurati ed abbandonati dalla società che li ha sfruttati e disconosciuti.
Le sue radici affondano non solo nel movimento artistico americano degli anni 50-60 ma anche nella ormai consolidata tradizione del dada vero e proprio che vede in Duchamp il suo maggiore esponente. Duchamp, con i ready-made, sceglie e innalza a livello di opera d’arte, con un’operazione di grande valore concettuale e culturale, oggetti di uso comune sottratti alla realtà quotidiana.
Altro artista che caratterizza il movimento è Kurt Schwitters (1887-1948) che utilizza mezzi d’avanguardia come il suono, il collage, i più svariati materiali, precorrendo le moderne installazioni e imponendosi come uno dei maggiori esponenti della cosiddetta “arte dei detriti” basata sull’assemblaggio di materiali di recupero, oggetti ricercati nello scarto della quotidianità e soprattutto rifiuti.
La riscoperta, da parte del New Dada, del movimento dadaista degli anni 10/20 del Novecento, con il suo rifiuto del concetto di produzione dell’opera d’arte tradizionale e dell’elevazione a valore artistico di oggetti di uso comune, si fonda su precise scelte stilistiche e sulla volontà di integrare nell’arte la realtà della vita dell’artista e della società.
Il dadaismo storico mirava all’esclusione dell’oggetto dalla quotidianità, come una censura contro il passato, per cancellarlo mentre il New Dada si propone di introdurre il passato nel presente con opere che, sfuggendo alle tradizionali categorie di pittura e scultura, sono assemblaggi di oggetti che risultano attentamente composti nel recupero di un significato che li giustifichi nei confronti della storia.
Ed è in questa tendenza che la proposta di Flynn assume una valenza di rilievo perché dal recupero di oggetti ormai desueti e privati di una funzione nasce un riuso che ne ricostruisce non solo la memoria della popolazione che li ha utilizzati ma anche una loro reinterpretazione e un reinserimento nella vita contemporanea, conferendo loro nuovi significati.