Anche quest’anno il Comune di Sanremo aderisce alle celebrazioni per la Giornata della Memoria con il tradizionale omaggio, sabato 27 gennaio, alla lapide in corso Mombello attraverso un mazzo di fiori fregiato dal Tricolore (sarà presente il Vicesindaco Costanza Pireri), mentre la biblioteca civica allestisce uno scaffale con pubblicazioni inerenti alla Shoah e il museo di Palazzo Nota propone la mostra “Sopravvissuti, Ritratti Memorie Voci“, personale del fotografo torinese Simone Gosso.
La Giornata della Memoria è stata istituita con legge n. 211/2000 che ne fissa la celebrazione il giorno 27 gennaio di ogni anno, attraverso l’organizzazione di “cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico oscuro periodo della storia del nostro paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.
L’esposizione libraria alla biblioteca civica – che prende il via venerdì 26 gennaio – vede a disposizione degli utenti sia le novità che i classici relativi all’argomento posseduti dalla biblioteca e anche recentemente acquistati.
La mostra “Sopravvissuti, Ritratti Memorie Voci“ si svolge invece a Palazzo Nota da oggi (mercoledì 24 gennaio) sino al 6 febbraio, con ingresso gratuito proprio sabato 27 gennaio.
L’esposizione è una toccante serie di scatti a superstiti dei lager nazisti realizzata tra il 1998 e il 2003 da Simone Gosso, in mostra itinerante su progetto dell’impresa creativa Ocra Lab Idee per comunicare di Cristina Ballerini.
L’allestimento presenta una selezione di immagini dal corpus complessivo in cui i volti dei superstiti sono affiancati dalle loro memorie sull’esperienza della deportazione.
Ritratti singoli restituiscono, insieme alla testimonianza della tragedia collettiva, la composita fisionomia di più voci: uomini e donne – ebrei, partigiani, antifascisti, persone prese a carico nei rastrellamenti – con le loro storie e i loro sentimenti unici.
All’estetica dell’immagine è quindi affidata una duplice funzione: di salvaguardia della memoria “per non ripetere” e di monito per il presente con l’invito all’incontro fra civiltà e differenze, perché la costruzione di un mondo nuovo è possibile.
Spiega Simone Gosso: “Mi sono avvicinato al complesso universo dello deportazione per caso, attraverso il diario di un sopravvissuto. Poi sono venute altre letture, altre testimonianze, altre storie. Memorie intime e corali. Ma anche eterne ed effimere se destinate a rimanere solo nella mente di chi legge pagine scritte. Fotografare ha significato provare a dare alle loro parole occhi, labbra, volti. Perché dietro a questi visi ci sono tragedie individuali ma anche grandi percorsi. Dietro a questi volti si possono infatti scorgere più tracce: la storia collettiva della deportazione italiana, la vicenda personale di chi è stato deportato e la conoscenza diretta delle persone ritratte“.