Martedì 24 maggio ore 16.30 nel Teatro del Casinò di Sanremo in anteprima nazionale il prof. Aldo Alessandro Mola presenta il saggio: “Vittorio Emanuele III. Il re discusso”. Biblioteca storica de “Il Giornale”. Partecipa lo storico Matteo Moraglia. L’incontro è inserito nel programma di formazione dei docenti e dei giornalisti. Ingresso libero con mascherina FFp2.
Il libro è un invito a riflettere sulla storia d’Italia: lunga e breve a un sol tempo. Senza la monarchia di Savoia non avremmo mai avuto l’unità nazionale. Vittorio Emanuele III revocò Mussolini, ottenne la “resa senza condizioni” del 3 settembre 1943, guidò la riscossa dell’Italia e fu riconosciuto dai vincitori quale garante della continuità dello Stato.
“Certo fu “ingombrante” perché poteva guardare tutti negli occhi senza abbassarli: fascisti, antifascisti, nemici, “alleati”. È arrivato il momento di apprenderne la lezione. Capire che cosa fu lo Stato e che cosa ne rimane”, dice il prof. Mola. “Ristabilire la verità storica sul ruolo svolto da Casa Savoia e specialmente dai due ultimi Re d’Italia significa anche concorrere a chiudere definitivamente la “guerra civile” che iniziò nel 1919 con l’offensiva dei partiti anti-risorgimentali ed ebbe la sua fase più violenta nel 1943-1946, quando, dopo la manipolazione truffaldina del referendum istituzionale, i “moderati” vennero intimiditi, soggiogati e dal 1948 sospinti a votare per il meno peggio, col vincolo mortificante di cancellare la memoria di sé, della propria identità nazionale e a giurare fedeltà un nuovo regime: un giuramento estorto sotto ricatto”.
È questo il terreno sul quale il libro invita a compiere l’“esame di coscienza” eluso per quasi ottant’anni durante i quali tutti i “mali originari” dell’unificazione nazionale sono stati addossati a “Un uomo solo”, il Re costituzionale, e specialmente a Vittorio Emanuele III (Napoli, 11 novembre 1869-Alessandria d’Egitto, 28 dicembre 1947).
Precisa Aldo Mola: “Re d’Italia dal 29 luglio 1900 al 9 maggio 1946 è stato detto re borghese, re socialista, re soldato, re vittorioso, re fascista, re fellone… Più volte bersaglio di attentati sanguinosi (quello del 12 aprile 1928 a Milano, scampato di misura, causò oltre venti morti), impassibile sotto il fuoco nemico nella Grande guerra, fu protagonista della storia europea nel primo mezzo secolo del Novecento, forte dei poteri di capo dello Stato: controllo della politica estera e delle forze armate. Con la Vittoria del 4 novembre 1918 e l’annessione di Fiume fece coincidere i confini politici dell’Italia con quelli geografici.
Nipote di Vittorio Emanuele II, “Padre della Patria”, e figlio di due cugini primi, Umberto e Margherita di Savoia, ascese al trono a 31 anni perché suo padre fu assassinato a Monza (29 luglio 1900) mentre egli era navigava serenamente nell’Egeo con Elena di Montenegro (1873-1952), sposata il 24 ottobre 1896.
Re scrupolosamente costituzionale, di vasta cultura e poliglotta Vittorio Emanuele III visse due stagioni nettamente diverse. I primi quindici anni del suo regno furono di progresso sociale, economico, civile e vasto consenso per l’annessione della Libia. L’Italia era a pieno titolo tra le maggiori potenze. Il trentennio seguente fu scandito da due guerre euro-mondiali (1914-1945), crollo di quattro imperi (russo, germanico, austro-ungarico, turco ottomano), rivoluzioni, crisi della “politica” e dell’economia (la “grande depressione”), regimi totalitari (la Russia sovietica, la Germania di Hitler) e autoritari (l’Ungheria di Horthy, la Spagna di Franco, l’Italia stessa).
Imputato di tre “colpi di Stato” (intervento nella Grande Guerra il 24 maggio 1915, mancata proclamazione dello stato d’assedio il 28 ottobre 1922, sostituzione di Mussolini con Badoglio il 25 luglio 1943), fu bersaglio di pesanti accuse (l’avvento del regime fascista, le leggi razziali del 1938, la “fuga da Roma” il 9 settembre 1943…).
In realtà, governare l’Italia non fu mai facile. Nei primi 22 anni di regno Vittorio Emanuele III nominò 20 diversi governi dai programmi ondivaghi soprattutto tra il 1918 e il 1922. A sfiduciarli non era il re ma il Parlamento. A lui toccava rimettere insieme i cocci. Il “ventennio” mussoliniano, iniziato il 31 ottobre 1922 con un ministero di coalizione costituzionale (1922-1924), divenne regime di partito unico sulla base di leggi votate dalle Camere. Il quadro peggiorò drasticamente dal 1938, quando, con l’annessione dell’Austria, la Germania hitleriana raggiunse il Brennero e crebbe l’ostilità delle correnti repubblicane del Partito nazionale fascista contro la Corona. Il re tornò protagonista nell’estate 1943, quando sostituì Mussolini con Badoglio, avviò la defascistizzazione e ottenne che l’Italia potesse arrendersi agli anglo-americani. La sconfitta militare non degenerò in disfatta dello Stato. Nel suo ultimo triennio di potere effettivo o nominale si susseguirono altri sei governi, segmenti discontinui e sempre più antimonarchici.
A 75 anni dalla morte Vittorio Emanuele III non ha bisogno di condanne o di assoluzioni, né di giustificazioni. Va conosciuto sulla base dei documenti e della corretta distinzione tra i poteri della Corona, del governo, del Parlamento, dei partiti e delle altre forze del Paese, nell’ambito delle tensioni e dei conflitti internazionali”.
Su sollecitazione della principessa Maria Gabriella di Savoia e con il concorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 15-17 dicembre 2017 le salme della Regina Elena e del Re discusso sono state traslate da Montpellier e da Alessandria d’Egitto nella quiete del Santuario di Vicoforte (Cuneo).
Aldo Mola Nato a Cuneo nel 1943, Aldo Alessandro Mola è stato preside in alcuni licei dal 1977 al 1998. Nel 1980 riceve la medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte. Docente di storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano, è, dal 1986 direttore del Centro per la storia della Massoneria, e, dal 1992, contitolare della cattedra “Pierre-Théodore Verhaegen” dell’Université libre de Bruxelles. È direttore del Centro Europeo Giovanni Giolitti, presidente del comitato cuneese dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, dell’Associazione di studi sul saluzzese e del Centro studi e ricerche “Urbano Rattazzi” di Alessandria. Interessante anche il suo ultimo saggio, Mussolini a pieni voti? Da Facta al Duce. Inediti sulla crisi del 1922, da cui si scopre che la “marcia su Roma” dei fascisti in realtà non sarebbe mai avvenuta. Editorialista del quotidiano Il Giornale del Piemonte e coordinatore editoriale de Il Parlamento italiano 1861-1992, Mola ha organizzato numerosi convegni di studi, specialmente per il Ministero della Difesa (Garibaldi, generale della libertà nel 1982, e la serie Forze Armate e Guerra di Liberazione). Direttore di collane di storia per vari editori, è, dal 1967, autore di saggi. Nel 2004 riceve il Premio alla Cultura dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Monarchico, è presidente di quella Consulta dei Senatori del Regno.
Venerdì 27 maggio ore 18.00 nell’ambito del ciclo “La Cultura della Legalità” Lirio Abbate, direttore de L’Espresso presenta il libro: “Stragisti. Uomini e donne delle bombe di mafia” (Rizzoli).