Chiunque abbia avuto, per caso o per intenzione, la fortuna di attraversare la sanremasca Piazza San Siro, non avrà certamente potuto fare a meno di accorgersi di tale costruzione: la pallida e granitica pietra che compone l’omonima cattedrale riflette i bianchissimi raggi del sole, rendendola non solo visibile, ma piacevolmente invadente alla vista dello spettatore.
Ovviamente, si sta parlando della Insigne Basilica Collegiata Concattedrale di San Siro, chiesa in stile romanico-barocco di medie dimensioni, dall’imponente facciata pentagonale e una torre campanaria che si erge verso il cielo; qui si incontrano storie e leggende della cultura sanremasca, tra le quali due spiccano in particolare: quella del Crocifisso Nero (legata direttamente a quella della Parà, da noi recentemente trattata) e quella della Campana Bacì.
Entrambe vengono limpidamente esposte ai microfoni di Riviera Time da Ernesto Porri, grande esperto di cultura locale, nonché famoso proprietario dello storico “Campanile”.
Secondo i racconti, prima di sconfiggere i Saraceni nell’epica Battaglia di Verezzo, il doge Luca Spinola avrebbe pregato nell’Oratorio San Germano il nero crocifisso in questione (oggi conservato sulla parete destra nella Basilica), il quale si sarebbe illuminato, per poi essere portato in processione fino al campo di battaglia, propiziando la grandiosa vittoria matuziana.
La seconda parte del racconto riguarda Bacì, che in dialetto significa “Giovanni Battista”, ma che in questo caso è l’affettuoso nome con cui i sanremaschi chiamano la maggiore campana di San Siro. Tuttavia, secondo alcune ipotesi, la campana sarebbe stata creata dal materiale di una precedente campana, distrutta centinaia di anni prima dalla Repubblica Genovese: essa, infatti, aveva dato il La alla famigerata rivolta sanremese contro l’oppressione della Superba.