Riceviamo e pubblichiamo di seguito la lettera aperta scritta da un utente della Riviera Trasporti.
“Sì, originariamente la locuzione prevedeva il fatto che fosse l’automobilista a essere incazzato; ma, tra il fatto che io abbia appena finito di studiare e la situazione economica generale, si capisce, mi ritrovo tra quelle persone che non possono permettersi un’automobile, e che dunque si vedono costrette a muoversi con i mezzi pubblici. Cambia il mezzo di trasporto, ma non il sentimento.
La causa del sentimento è la Riviera Trasporti. Muovendomi, per lavoro, tra i Comuni della Provincia, ho assistito a scene extraterrene, le quali sono culminate nell’episodio vissuto la scorsa settimana: 14 e 20, mi trovo sulla fermata a Santo Stefano; 14 e 30, passa il bus, richiamo l’attenzione del conducente, questi mi guarda, mi saluta beffardamente e tira dritto; 15 e 6 minuti, giunge il bus successivo; 15 e 44, giungo a Sanremo appena in tempo per catapultarmi sul mezzo diretto a Ventimiglia, o almeno credo: inspiegabilmente, questi non parte fino alle 15 e 53; giungo a Bordighera, meta finale del mio viaggio, alle 16 e 20, con un ritardo di ben trentacinque minuti rispetto al mio appuntamento di lavoro. Due ore per arrivare da Santo Stefano a Bordighera. Due ore per percorrere 24 chilometri. Due ore dove basterebbe una mezz’oretta scarsa. Secondo Google Maps, in due ore sarei potuto arrivare a Sestri Levante, altroché Bordighera.
Ma un episodio spiacevole può capitare, serve essere indugenti; il problema è che l’indulgenza tende a venire meno quando tali disdicevoli avvenimenti capitano più volte alla settimana a noi, o ad altri, e noi vi assistiamo o li sentiamo raccontare.
Fai un reclamo, mi suggeriscono dalla regia. Ma io ricordo ancora bene la prima e ultima volta che mi recai all’autostazione di Sanremo per reclamare. Avevo prenotato, come sempre, la mia fermata tramite l’apposito pulsante, salvo che quel giorno, l’autista aveva misteriosamente deciso di non fermarsi. Dunque, mi reco a controllare cosa sia successo, e vedo il conducente diligentemente intento a esplorare la Sezione Notizie di Facebook sul suo telefonino. Cerco di richiamare la sua attenzione vocalmente, invano, per poi toccare la sua spalla e chiedere spiegazioni. La sua risposta distratta: “ma guarda che se vuoi scendere devi prenotare la fermata”. Ah, grazie, negli scorsi settecentotrenta giorni in cui ho preso il bus non lo avevo mai capito, la prossima volta proverò a fare così. Fatto sta che, tornando a noi, mi reco presso l’ufficio di Sanremo per reclamare, e tutto ciò che ottengo è incredulità e derisione.
E per questo, scelgo di scrivere una lettera. Io ho bisogno dei mezzi di trasporto pubblici, ne ho bisogno per lavorare, e quindi pago un servizio. Questo servizio, oltre a risucchiare una porzione consistente del mio stipendio, mi è veramente essenziale, perché il mio mestiere mi porta a muovermi molto e mi richiederebbe di farlo puntualmente; è per questo che, all’ennesimo appuntamento saltato, ritengo che la situazione sia diventata insopportabile. Molte persone, spesso per motivi economici, usufruiscono di questo (dis)servizio senza pagare il biglietto, e sbagliano, e per questo vengono multati, anche in maniera severa e non indulgente; ma se è la RT a sbagliare, cosa che accade sicuramente molto più di frequente, e danneggiando tutti coloro che invece hanno pagato per un servizio, allora chi è che paga? Dobbiamo essere tutti comprensivi e lasciare passare?
Nella speranza di un prossimo miglioramento della situazione,
Un passeggero incazzato”.