“La lotta alla mafia […]doveva essere un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”
Usò queste parole Paolo Borsellino durante la commemorazione in onore di Giovanni Falcone il 23 giugno 1992 e, con molta amarezza, non si può negare che esse ancora oggi, a venticinque anni di distanza, siano valide. Pare, infatti, che la maggior parte di coloro che hanno visto l’opera di Falcone e Borsellino, non abbiano smesso di insegnare ai loro figli a tollerare il puzzo del compromesso morale e a rassegnarsi al fatto che il profumo della libertà sia irraggiungibile.
Quasi ogni giorno leggendo i giornali, o guardando i telegiornali, si sentono notizie a proposito di persone indagate o condannate per corruzione, alcuni poi si fingono invalidi ed altri ancora decidono di sbrigare le proprie faccende domestiche durante gli orari lavorativi. Ogni volta, quando questi fatti vengono alla luce, tutti si dicono stupefatti e ognuno è pronto ad affermare di non essersi mai accorto di nulla.
Ma la situazione diventa ancora più paradossale quando, durante le commemorazioni in onore delle vittime, ad esempio, di mafia, tutti costoro, e si sta parlando di persone normali, non politici, scendono in piazza a gridare a gran voce il loro sostegno alla legalità e all’onestà. E’ palese che ci si trovi davanti ad una contraddizione di dimensioni abnormi.
Ovviamente questo consueto malcostume dei genitori non poteva non essere ereditato dai figli, cosicché nell’omertà più totale avvengono violenze e soprusi di ogni genere proprio negli ambienti dei giovani. Anche se queste azioni forse non possono essere definite mafia, tuttavia esse sicuramente aumentano il puzzo del compromesso morale e di certo non giovano nella ricerca del profumo della libertà. La soluzione appare chiara e semplice: ognuno di noi deve impegnarsi a rifiutare tutto ciò che, pur creando una parvenza di istantaneo benessere privato, distrugge quello della collettività; bisogna che si rifiuti, e non solo a parole, di essere complici di coloro che con le loro azioni ingiuste negano ad ognuno di noi di vivere in uno stato veramente libero.
Se non siamo capaci di rifiutare le agevolazioni, che la pratica dell’illegalità comporta, se non siamo capaci di denunciare chi commette azioni dannose nella vita di tutti i giorni, allora è inutile manifestare una volta l’anno durante le commemorazioni per lavarsi la coscienza. Si tratta di un processo lento ed arduo, che però deve necessariamente partire da noi giovani, che, anche se spesso veniamo giudicati ingenui per questo, abbiamo ancora grande fiducia nel mondo e pensiamo che esso possa davvero diventare migliore. Se, infatti, niente meno che Gesù disse che per entrare nel Regno dei Cieli bisogna farsi piccoli come i bambini, forse è proprio perché in noi giovani, non ancora corrotti dalla consueta disonestà, esiste la linfa che può cambiare il mondo. Non si cerchi, dunque, di avvicinarsi ai giovani diventando cultori dei social, ma prestando loro ascolto perché possano insegnarvi a riscoprire la bellezza e il profumo della libertà.
“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. […]È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”(Peppino Impastato)
Sara Brusco – Ufficio stampa Liceo Cassini