Sono stati presentati a Dolceacqua e online in live streaming su Facebook e YouTube i primi incoraggianti risultati delle sperimentazioni del Progetto di cooperazione CSOT (Nuove strategie di trasformazione e conservazione degli standard qualitativi nell’oliva Taggiasca in salamoia) per determinare nuove tecniche per la deamarizzazione delle olive. Il Progetto CSOT è realizzato nell’ambito della Misura 16.02 “Supporto per progetti pilota e per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie” del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Liguria. Capofila è Oroliguria, insieme a Dipartimento Agricoltura Unimol (Università degli Studi del Molise-Campobasso), FLORCOOP (ex Frantoio sociale Dol.Va.Pre. scrl) e CIPAT Imperia.
Oltre ad un folto numero di produttori, erano presenti il Prof. Gino Ciafardini, docente di Microbiologia Agraria presso il DiAAA di Campobasso dell’Università del Molise (UNIMOL), Paolo Anselmi, Presidente di Oroliguria, Pasquale Restuccia, Agronomo di CIPAT Imperia, Gianfranco Croese, Presidente Florcoop Sanremo e Stefano Roggerone, Presidente CIA Imperia.
Le strategie tecniche proposte nell’ambito del Progetto CSOT mirano a contenere e a risolvere il grave problema della comparsa del biofilm microbico sulle salamoie delle olive da mensa, microrganismi indesiderati responsabili di gravi alterazioni fisiche e sensoriali del prodotto e dannosi per la salute del consumatore.
In Liguria infatti la trasformazione dell’oliva Taggiasca come oliva da mensa, ad eccezione di pochi casi, viene ancora praticata a livello artigianale, applicando il sistema microbiologico “al naturale” stile Greco, e la deamarizzazione dei frutti, più che come processo biotecnologico, viene intesa empiricamente come sistema di stoccaggio in salamoia delle olive prima di essere consumate, senza che abbiano subito nessun controllo di processo. Ne consegue che nelle salamoie con le olive si innescano fermentazioni spontanee che, se non gestite in maniera appropriata, favoriscono la crescita di lieviti filmogeni e di muffe dannose, responsabili di alterazioni quali il rammollimento della polpa delle olive e la comparsa di gusti sgradevoli.
L’approccio tecnico-scientifico del Progetto CSOT è quello di creare le condizioni di anaerobiosi nei fermentatori (fusti di plastica con le olive in salamoia), sfruttando diverse strategie tecniche, supportate da risultati scientifici ottenuti in laboratorio, adatte alle piccole e medio aziende. Per impedire la crescita del biofilm microbico dannoso per le olive Taggiasche in salamoia sono stati previsti l’impiego di prototipi sperimentali di “gas bag” e di prototipi di “fusti incamiciati” capaci di impedire la crescita del biofilm microbico sulle salamoie dell’oliva Taggiasca.
I risultati del primo anno di sperimentazioni sono estremamente incoraggianti e, se saranno confermati al termine del secondo anno, potranno determinare nuovi scenari per la produzione e la commercializzazione dell’oliva Taggiasca in salamoia. In particolare, la presenza di biofilm nei fermentatori incamiciati è pari a 0%, mentre in quelli non incamiciati risulta ridotta del 80% nei fusti muniti di spioncino e del 69% nei fusti privi di spioncino.