Due anni per Claudio Scajola, con sospensione condizionale della pena, ed un anno per Chiara Rizzo, moglie dell’ex parlamentare di Forza Italia ed armatore Amedeo Matacena, latitante a Dubai, con pena sospesa e restituzione dei beni che le erano stati sequestrati.
Assoluzione per Maria Grazia Fiordaliso e Martino Politi, ex collaboratori di Matacena.
Questa la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Natina Pratticò, a conclusione del processo “Breakfast” legato alla latitanza di Matacena, condannato a 3 anni dalla Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Stando all’accusa e alla condanna l’ex Ministro, oggi sindaco di Imperia, Scajola, ha giocato un ruolo nella fuga in Libano dell’ex parlamentare ancora latitante negli Emirati Arabi. Il tribunale l’ha riconosciuto colpevole per il reato di procurata inosservanza è stata esclusa l’aggravante mafiosa.
“Spazzata via l’aggravante relativa alla fantascientifica ma infamante accusa portata avanti con pervicacia dalla procura di Reggio Calabria di aver in qualche modo agevolato la ‘ndrangheta e pena più che dimezzata. Si riparte da qui!”.
È il primo commento di Elisabetta Busuito, legale dell’ex ministro Claudio Scajola.
“Rispetto alle richieste del pubblico ministero – prosegue l’avvocato Busuito – ci troviamo con una pena più che dimezzata. Eravamo certi che la richiesta del pm sarebbe stata rigettata. Siamo convinti della bontà delle nostre tesi e quindi di vedere riconosciuta l’assoluzione dell’onorevole Scajola in secondo grado. Già oggi, questo verdetto dimostra come la tesi accusatoria del pm Lombardo, quella che ha giustificato mesi di indagini gravose, l’arresto preventivo dell’onorevole Scajola cinque anni e mezzo fa e tante paginate di giornali, sia stata letta in modo profondamente diverso dai giudici, cui spetta la verifica di prove e circostanze”.