Si anima il dibattito intorno alla stagione olivicola, un “botta e risposta” tra il Consorzio Dop e l’Associazione per la Taggiasca del Ponente ligure.
Dopo l‘intervento del Consorzio Dop, quest’oggi arriva la replica dell’Associazione per la Taggiasca del Ponente ligure:
Ai numeri e all’analisi diffusa dal giovane gruppo di olivicoltori ha risposto in modo piccato il Consorzio con un intervento a gamba tesa che mira a delegittimare il lavoro e il percorso intrapreso. “Se vuole fare politica, Carlo Siffredi si dovrebbe dimettere dal Consorzio Dop – afferma Simone Rossi, presidente Associazione per la Taggiasca del ponente ligure – non può pensare di rappresentare unitariamente un’eccellenza ligure, come l’olio Dop, diffamando un’associazione e i suoi associati con accuse false e ingiustificate”.
Il Presidente del Consorzio di tutela della Dop Riviera ligure e vicepresidente Coldiretti, con delega all’olivicoltura, fa il gioco delle tre carte per nascondere una gestione fallimentare della denominazione di origine che a fronte di quasi più di 50.000 quintali di olio prodotto in Liguria quest’anno vede quello certificabile arrivare a soli 6.500 quintali, ovvero neppure il 15% del totale, percentuale assai simile a quella degli anni passati. Che la Dop non scaldi i cuori degli olivicoltori liguri è poi certificato anche dai numeri dati dallo stesso Siffredi: 550 olivicoltori hanno aderito al Patto di Filiera, contro i più di 7000 che fanno parte del comprensorio della Dop. “Anziché fare una sana autocritica sulle mancanze di una Dop che non è mai decollata, nonostante milioni e milioni di euro di finanziamenti pubblici – afferma Simone Rossi – il presidente Siffredi cerca di spostare l’attenzione, e di questo lo ringraziamo, su una giovane associazione che ha tenuto alta la bandiera della Liguria e della sua varietà più rappresentativa, la Taggiasca, in questa campagna olearia. Non possiamo però tollerare che vengano raccontate menzogne”.
I numeri forniti dall’Associazione sono reali. L’Associazione per la Taggiasca del Ponente ligure ha e sta comprando olive destinate alla salamoia al prezzo di 22-25 euro “alla quarta” mentre quelle destinate all’olio extra vergine di oliva sono state acquistate, nel corso della stagione, dai 15 ai 19 euro “alla quarta”, in relazione anche alla resa delle olive. Tutte queste olive sono state controllate tramite fascicolo aziendale, dichiarazione da parte dei produttori e pagamenti tracciati; guarda caso con la stessa procedura che viene utilizzata per le olive atte a diventare Dop. “Come non costringiamo i nostri associati ad avvalersi del servizio di Dna certificato, così non li obblighiamo a certificare olio Dop – afferma Simone Rossi – la scelta imprenditoriale deve essere libera e dettata da motivazioni economiche. Ovviamente festeggiamo il successo di una certificazione, quella Dna controllato, che sta riscuotendo sempre più consensi da parte degli imprenditori liguri, della Grande Distribuzione e dei consumatori”.
La divisione politica sul futuro della Dop Taggiasca, che vede Carlo Siffredi, in qualità di vicepresidente Coldiretti, e l’Associazione Taggiasca per il Ponente ligure su posizioni opposte non deve influenzare la verità dei fatti. “Riteniamo oggi, ancor più di ieri, visto il successo della certificazione Dna controllato – afferma Rossi – che la Taggiasca, varietà simbolo della Liguria, rappresenti un valore per tutto il territorio. Un valore costruito nel tempo che non deve essere privatizzato. Non vorremmo proprio che l’insuccesso ormai conclamato dell’olio Dop Riviera ligure si trasferisca a quello di una futuribile Dop Taggiasca”.
L’Associazione Taggiasca del Ponente ligure fa proprio il motto di Henry Ford: “C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”. E conclude così Rossi: “Per tutti, non solo per qualche produttore o industriale e per quei pochi che siedono su poltrone importanti”.