Torna l’appuntamento con la professoressa Mara Lorenzi per parlare dei vaccini contro il COVID-19. Ai nostri microfoni spiega perché il vaccino non sia un’opzione da considerare, ma puttosto una vera e propria arma da utilizzare per debellare il virus.
Due sono i motivi fondamentali: “Il primo è che COVID-19 si rivela sempre più una malattia che non si vuole avere, una malattia che tutti dovremmo cercare di sfuggire. Anche i ragazzi giovani. Infatti, al di là delle manifestazioni polmonari ben conosciute che spesso richiedono ospedalizzazione, l’infezione da SARS-CoV-2 ha mostrato di lasciar segni sul sistema cardiovascolare anche quando è lieve. Lo si è visto in pazienti che avevano avuto COVID senza bisogno di ricovero, e che studiati 2-3 mesi più tardi con risonanza magnetica del cuore mostravano nel 60% dei casi persistente infiammazione del miocardio (Puntmann VO et al, JAMA Cardiol 2020). Subdolo coinvolgimento cardiaco è stato documentato con la risonanza magnetica anche in giovani atleti che avevano avuto tampone positivo per COVID ed erano rimasti per la maggior parte asintomatici (Rajpal S et al, JAMA Cardiol 2020)”.
Queste osservazioni vengono ora perseguite con studi a lungo termine per verificare la durata delle anormalità cardiache e la loro rilevanza clinica, ma intanto mettono in guardia sul fatto che non conosciamo ancora la storia naturale del COVID e vorremmo non avere sorprese.
“Il secondo motivo per vaccinarsi è dare il nostro contributo a raggiungere al più presto quella che viene chiamata l’immunità di gregge, che ci permetterà finalmente di riacquistare libertà di movimento e serenità. Una sufficiente percentuale di persone immuni nella popolazione crea un ombrello di protezione per tutti, anche per coloro che ancora non sono vaccinati o non hanno avuto una risposta immunitaria sufficiente al vaccino. Si calcola che per ottenere l’immunità di gregge contro il COVID-19 la percentuale di persone vaccinate dovrà essere di circa il 70%“.
Ma la domanda che in tanti si pongono in questi giorni è una: perché dare fiducia al vaccino?
“Per almeno quattro motivi. Il primo è che i vaccini sono stati prodotti e resi disponibili in tempi brevissimi rispetto al passato, non perché si sono prese scorciatoie sulla sicurezza, ma perché si sono verificate due condizioni nuove. Da una parte, era in atto già da qualche anno lo sviluppo di piattaforme per la sintesi di nuovi vaccini che fossero più agili di quelle tradizionali; articoli del 2017 riportano aggiornamenti in questo campo. Dall’altra, la gravità della pandemia COVID ha indotto i governi a fare stanziamenti mai concepiti prima, che hanno permesso di condurre quasi in parallelo le diverse fasi della sperimentazione clinica, tutte con il rigore necessario”.
“Il secondo motivo per dare fiducia è che la durata delle osservazioni per cogliere effetti collaterali prima di poter usare i vaccini nella popolazione è stata rigorosamente di almeno 2 mesi. Questa è una durata prudente perché si ritiene che effetti collaterali riconducibili plausibilmente al vaccino sono quelli che compaiono entro 6 settimane dalla somministrazione”.
“Il terzo motivo è che le valutazioni su cui si sono basate le Agenzie Governative che hanno dato il via libera all’uso del vaccino, sono fornite da articoli scientifici e consulenti esperti indipendenti dai governi e dalle case farmaceutiche”.
“Il quarto motivo per dare fiducia è che il numero delle persone vaccinate, già sostanzioso nel contesto dei trials di Pfizer e Moderna (circa 37.000), sta ora aumentando esponenzialmente ogni giorno attraverso le persone vaccinate in tutto il mondo, e non sono stati riportati effetti collaterali non previsti per qualsiasi vaccino. Con il numero di persone vaccinate aumenta la possibilità di captare eventuali effetti non previsti, che sarebbero prontamente resi pubblici”.
Per identificare effetti a più lungo termine, i trials clinici iniziati dovranno continuare a raccogliere osservazioni per almeno due anni, mantenendo attivo il gruppo placebo che non ha ricevuto il vaccino. E al di là dei due anni l’osservazione per possibili effetti collaterali proseguirà, come per tutti i nuovi farmaci, attraverso segnalazioni che vengono riferite alle agenzie competenti.