Mi scusi Francesco Gabbani, vincitore dell’ultimo festival sanremese, se cito a sproposito i suoi versi vincenti. Spero che portino fortuna anche a me, visto il delicato argomento che sto per affrontare. Il complicato rapporto tra sessualità e religione nel mondo è argomento incredibilmente vasto e che va al di là delle mie attuali conoscenze (e dello spazio a mia disposizione). Ancora una volta quindi sarà la mia esperienza personale ad ispirarmi e inevitabilmente l’educazione cattolica ricevuta influenzerà questo breve articolo. Desidero partire da un estratto del Vecchio Testamento (1 Samuele 18, 1-3):
“[…] l’anima di Giònata s’era già talmente legata all’anima di Davide, che Giònata lo amò come se stesso. […] Giònata strinse con Davide un patto, perché lo amava come se stesso.”
Il loro amore era una “vergogna” per Saul, padre di Gionata, che provò ripetutamente ad uccidere David. E quando David e Gionata si incontrarono per l’ultima volta (1 Samuele 20, 41) “si baciarono l’un l’altro e piansero l’uno insieme all’altro”. Dopo la morte di Gionata, David, rivolgendosi a lui, disse (2 Samuele 26) “Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa più che amore di donna.”
Sulla natura del loro amore sembrano esserci pochi dubbi: una bellissima e travagliata storia d’amore tra Gionata, figlio di re Saul e David, futuro re d’Israele. Esistono interpretazioni alternative a quella da me proposta e i miei quattro lettori sceglieranno quella che più si addice alla loro sensibilità.
Non ci si stupisca quindi, in questo contesto, che già dal 2011 la Chiesa Valdese italiana unisca con rito religioso coppie omosessuali: la prima coppia sposata con rito cristiano vive oggi serenamente a Seborga, piccolo borgo imperiese. La Chiesa luterana di Svezia, prima al mondo, riconobbe il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel 2009.
Il mondo cattolico invece è ancora diviso e sebbene la posizione ufficiale preveda che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” (chi lo dice a David e Gionata?) sono molte le voci all’interno della stessa Chiesa cattolica a chiedere aperture.
D’altra parte attenersi troppo scrupolosamente alle sacre scritture oggi potrebbe essere considerato illegale: nel 2015 il vescovo svizzero Vitus Huonder fu denunciato per istigazione alla violenza per aver citato quel passo del Levitico (ancora Vecchio Testamento), che recita “se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due […] dovranno essere messi a morte”.
Oggi in Italia una legge contro l’omofobia stenta a decollare proprio perché si ritiene che il reato di omofobia possa scontrarsi con la libertà di professare il proprio credo. Presa di posizione alquanto opinabile, se non addirittura buffa, poiché in uno stato laico dovrebbe semmai accadere il contrario: la religione deve rispettare le leggi dello stato e non viceversa.
D’altra parte nessun paese democratico si sognerebbe oggi di uccidere una donna adultera e il suo amante, nonostante questo venga esplicitamente richiesto nel Vecchio Testamento (Deuteronomio 22). Quando giustamente pretendiamo dai migranti e futuri cittadini italiani il rispetto delle nostre leggi, anche quando queste sembrano in contrasto con il loro credo o i loro costumi, non dimentichiamoci di applicare questo precetto importantissimo anche a noi stessi: si tratta, banalmente, di laicità.
Marco Antei