“La decisione di realizzare un nuovo supermercato nel dianese è proprio l’ultima cosa di cui si aveva bisogno. Nell’area dell’ormai storico Bowling, al posto della piscina col toboga e del campo da tennis, sorgerà il solito grosso (e, secondo noi, brutto) parallelepipedo, “essenziale” secondo la tradizione della GDO – Grande Distribuzione Organizzata”. Questa la posizione della federazione provinciale di Rifondazione Comunista e del Circolo Dianese “Gian Battista Acquaron’ relativamente al possibile nuovo supermercato nell’area del bowling.
Si dice, che l’amministrazione comunale potrà esigere una copertura verde, per un impatto ambientale più accettabile – proseguono in una nota stampa. Tuttavia, la storia insegna, che i grandi imprenditori sono propensi a disattendere le prescrizioni comunali e l’amministrazione tende ad essere compiacente mentre vincola ad interminabili attese burocratiche chi semplicemente vuole migliorare casa propria.
Il Comune di Diano Castello, nel cui territorio si trova il Bowling, otterrà, in cambio della perdita di una area urbanisticamente destinata ad impianti sportivi, il recupero del “campetto” di Varcavello, frazione di Castello, che verrà attrezzato con gli oneri urbanistici ricavati dalla nuova costruzione.
Si tratta in ogni caso della solita logica che affida la distribuzione alla GDO invece di valorizzare i piccoli esercizi locali e di mantenere quelli dell’entroterra, come primo punto essenziale per evitarne l’abbandono: le piccole frazioni del dianese ne sono per lo più prive, e le poche che ne sono dotate vedranno queste bottegucce sempre più in concorrenza impari con i colossi commerciali, finendo per chiudere i battenti: riteniamo questa la causa prima dello spopolamento dell’entroterra di cui tanto ci si sciacqua la bocca ( tema in merito al quale ipocritamente si sprecano parole)
Vi verrà fatto credere che una nuova grande distribuzione, oltretutto collocata accanto ad un sito (Basko), sufficiente a servire la cittadinanza anche nella stagione turistica, garantirà occupazione, falso.
La questione va esplicitata distinguendo due profili: la grande distribuzione organizzata non produce occupazione di qualità. È noto che affidano la gestione dei dipendenti a una matrioska di sotto-società e cooperative (di nome, non di fatto) per aggirare varie tutele sindacali imponendo contratti capestri totalmente privi di tutele con monte ore ridotto da svolgersi talvolta in almeno due tempi nel corso della giornata con compenso invariato per i festivi. Non è questa l’occupazione che desideriamo per i nostri giovani.
La concorrenza scatenerebbe una corsa al risparmio che inevitabilmente cadrebbe sul personale già impiegato presso i siti commerciali già esistenti.
Possiamo e dobbiamo almeno esigere – concludono, qualora l’impresa fosse realizzata, che una parte dei profitti dei supermercati fosse obbligatoriamente destinata a salvaguardare od a riaprire i piccoli negozi delle frazioni anche dei comuni limitrofi (come Borganzo Roncagli, Borello, Evigno), fornendo così un servizio di prossimità anche alle innumerevoli borgate che sempre all’economia tradizionale accostano quella di un turismo “di paesaggio”, soprattutto caro agli stranieri. – Utopia. Ma possibile se solo si volesse davvero.