Cresce il malumore tra i pescatori liguri a fronte della possibile stretta sulla pesca a strascico per il 2022. L’ipotesi, avanzata la scorsa settimana al Tavolo Pesca dal Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) è quella di adottare la procedura di fermo pesca su media giornaliera (mediante l’attribuzione di un plafond di giornate massime di attività di pesca all’anno) anziché la procedura – ormai consolidata – dei fermi pesca aggiuntivi. Ipotesi al vaglio della Commissione Ue, che a breve dovrà definire il regolamento sulle possibilità di pesca per il 2022.
Tutto ciò si tradurrebbe, sostanzialmente, in una drastica riduzione delle giornate di pesca, che passerebbero dalle attuali 180 a 136, mentre quelle dedicate alla pesca del gambero di profondità (gambero viola) sarebbero solamente 31. Numeri ritenuti inaccettabili dal settore della pesca a strascico, che in Liguria conta 80 imbarcazioni (6 nella città di Imperia).
“I pescatori liguri sono preoccupatissimi perché nel corso di un tavolo ministeriale è stata ipotizzata una nuova modalità di applicazione dei giorni di fermo pesca, che noi consideriamo assolutamente inaccettabile – commenta Lara Servetti, responsabile regionale di Legacoop Agroalimentare.
Barlumi di speranza arrivano dalle recenti dichiarazioni del sottosegretario al Mipaaf, Francesco Battistoni, che ha rassicurato sulla volontà di procedere con il sistema dei fermi aggiuntivi. Parole accolte positivamente ma che “non bastano per farci stare tranquilli – sottolinea Lara Servetti. “Bisogna capire quanto aumenteranno le giornate di fermo aggiuntivo, perché già così siamo al limite della sostenibilità economica”.
Necessario evidenziare come lo strascico è il segmento di pesca maggiormente destinato alla ristorazione: “Se le barche liguri non andassero più a pesca noi non avremmo più pesce per la ristorazione, non avremmo più gamberi, moscardini, polpi, tutto quel pesce pregiato che i turisti vengono in Liguria appositamente a mangiare. Ora siamo in una fase interlocutoria, non escludiamo manifestazioni di protesta perché siamo arrivati a un capolinea. È necessario che le istituzioni rimettano in discussione i regolamenti della Comunità europea, che si proceda a regionalizzare la pesca e che si portino le regole della pesca adattate a ciascun mare”.
Alle sue parole fanno eco quelle dell’imperiese Mattia Chiarini, che abbiamo incontrato al rientro da una nottata di pesca: “Noi possiamo lavorare tutto l’anno tranne il sabato e la domenica e in più abbiamo un mese di fermo pesca – spiega. – Ora si parla di aumentare le giornate di fermo e ci hanno fatto sapere che c’è il rischio di poter lavorare solo 136 giorni all’anno: per noi sarebbe impossibile, se questa cosa dovesse andare in porto possiamo chiudere tutto. Non voglio sussidi ma voglio andare a lavorare normalmente, come abbiamo cercato di fare finora”.