C’era una volta nella Riviera dei Fiori un dio sanguinario, il dio Borman, signore delle acque, con residenza stabile nella grande foresta che si estendeva da Capo Cervo a Capo Berta. Le tribù locali temevano a tal punto questa truce divinità da sconsigliare ai viandanti di addentrarsi nel bosco sacro dopo il calare del sole. La terribile leggenda del dio Borman non fermò tuttavia lo spirito di conquista delle legioni romane, che fecero tabula rasa della foresta e sostituirono il culto dell’antica divinità tribale con quello della dea Diana, dalla quale derivano i nomi degli attuali comuni della zona. Questo è solo un frammento della millenaria storia del golfo dianese. Una che è raccontata all’interno del Museo archeologico di Diano Marina.
Nella prima sala vengono presentati i reperti più antichi rinvenuti nel comprensorio dianese. Resti animali, fossili e utensili, tutti risalenti al Paleolitico. I ritrovamenti effettuati nel corso degli anni hanno permesso inoltre di appurare l’esistenza di un importante abitato costiero durante l’età del Bronzo antico, tra il XVIII e il XVI secolo a.C.
Le favorevoli condizioni climatiche portarono alla nascita di un importante insediamento durante l’età del ferro, che durò fino alla conquista romana. A riprova della grande vitalità della zona, i due focolari di via Villebone e la presenza di anfore e ceramiche, che viaggiavano da Marsiglia all’Italia meridionale.
Come detto, la romanizzazione portò all’abbandono forzato del culto del dio Borman e all’introduzione di quello della dea Diana. Tuttavia, l’eco dell’antica divinità indigena rimase stabile nel golfo dianese. L’area compresa tra Capo Berta e Capo Cervo fu infatti definita Lucus Bormani, cioè il bosco sacro di Borman. La presenza di questa località lungo la via Iulia Augusta è documentata dal cippo miliario rinvenuto a Chiappa, frazione di San Bartolomeo al mare.
La quinta sala del museo archeologico di Diano Marina è dedicata al viaggio e, in particolare, al relitto di una nave romana affondata al largo delle coste dianese attorno alla metà del primo secolo dopo Cristo. Nella stessa sala sono poi esposte 14 monete. Le più antiche risalgono a poco prima dell’anno zero, mentre le più recenti al IV secolo dopo Cristo.
L’insediamento costiero del Lucus Bormani durò fino alla prima metà del VII secolo. La necessità di difendersi da invasioni e saccheggi portò infatti all’incastellamento dell’abitato sulla collina alle spalle dell’antica mansio romana, nella zona dove oggi sorge il comune di Diano Castello.