A sentirne parlare lo si immagina ad una conferenza alla Royal Society, attento, nelle prime file se non addirittura in veste di oratore ufficiale, o magari comodamente seduto su una poltrona del Reform Club, sempre a Londra, mentre chiacchiera informalmente con qualcuno dei suoi celebri soci, come ad esempio Sir Arthur Conan Doyle o Sir Henry James, ma anche con chi, non essendo personaggio reale, ha potuto frequentare l’esclusivo club solo nella finzione letteraria. Certo, con uno come Phileas Fogg avrebbero molte cose da raccontarsi, visto che il Capitano D’Albertis il giro del mondo, magari impiegando più di ottanta giorni, lo ha fatto ben quattro volte.
Emilio Alberto D’albertis, diplomatosi al Collegio di Marina di Genova nel 1866, navigò per alcuni anni nella marina militare e poi in quella mercantile. Da studente compì la circumnavigazione del globo mentre nel 1870 si trovò al comando della prima nave italiana a percorrere il Canale di Suez inaugurato da poco.
Pochi anni dopo, avendone le possibilità economiche, decise di dedicarsi alla navigazione di diporto a bordo dei suoi yacht Violante e Corsaro. Iniziava così la sua nuova vita ‘avventurosa’.
Dotato del senso dello stupore dei romantici, della razionalità dei positivisti e animato da quella curiosità intellettuale tipico effetto collaterale dell’intelligenza, diede un notevole contributo alla scienza del suo tempo, dalla talassografia all’etnologia passando per la zoologia, la floristica, e la mineralogia, testimoniato da un’enorme quantità di reperti, e da innumerevoli testimonianze scritte e fotografiche.
Nel 1879 contribuì alla nascita, a Genova, del Regio Yacht Club Italiano, primo circolo velico del Mediterraneo. Negli anni fra il 1877 e il 1910, prima di ritirarsi a costruire meridiane nel suo castello di Montegalletto che oggi ospita il Museo delle Culture del Mondo, effettuò, a bordo del Cutter, una traversata dell’Atlantico sulla rotta di Colombo servendosi degli strumenti nautici utilizzati da quest’ultimo quattro secoli prima. Compì altri tre giri del mondo e un periplo dell’Africa impiegando i più svariati mezzi di traporto: cavalli, cammelli, navi, treni e idrovolanti…
Nulla da stupirsi se qualcuno si fosse rivolto a lui con la formula di saluto resa immortale dall’incontro tra Henry Stanley e David Livingstone, i due leggendari esploratori del continente nero: Mister D’Albertis, I presume.
Francesco Sarchi