Prove aperte oggi pomeriggio anche per gli accreditati della Sala Stampa oltre che per gli addetti ai lavori. Occasione ghiotta, imperdibile, per rendersi conto di persona della trasformazione del Teatro Ariston, letteralmente ‘cappottato’ con l’arrivo del Festival.
Mentre sul palco si succedono le performance di Junior Cally, Le Vibrazioni, Levante, Zarrillo, Masini, Pelù eccetera lo sguardo spazia sull’effetto profondità che la scenografia regala anche per i presenti in sala. E per ospitare tutta questa meraviglia, il sacrificio di decine e decine di posti in platea è inevitabile. A palmi, non ci saranno più di 700 posti a sedere disponibili oltre quelli della galleria, e succede così che le ultime file di solito le più sfigate non lo siano affatto, anzi da lì in fondo ci si può render conto ancora meglio dell’immane lavoro svolto dai geni e dai loro esecutori.
Due le scale, entrambe centrali, quella che serve a far entrare concorrenti e ospiti e quella di dimensioni inferiori che porta dal palco alla platea. Sistemata in basso l’orchestra, divisa non equamente in due parti e sovrastata su ambo i lati da due soppalchi riservati ai tecnici. Guardando da fortunato spettatore seduto, sulla destra il podio del Direttore d’orchestra a ridosso della sezione tastiere, percussioni e chitarre, sulla sinistra l’imponente gruppo dei violini, contrabbassi e coro.
Ogni brano proposto, tranne quelli più intimisti come quello di Jannacci ad esempio, è accompagnato da immagini stilizzate lungo tutta la scenografia che avvolgono e creano un movimento continuo al ritmo delle note. Colpisce la quasi totale assenza di cameraman sul palco, un mestiere a rischio sacrificato sull’altare della tecnologia galoppante.