Con questa frase di Wang Shu vogliamo aprire un discorso complesso e, a nostro parere, poco trattato riguardante i giovani e il loro rapporto con la storia: ogni studente, infatti, numerose volte all’anno, si vede obbligato davanti ai più disparati ammonimenti riguardo la memoria storica e la sua importanza nella società.
Essa rappresenta la culla del presente e, cosa ancora più rilevante, ci fornisce una chiave di lettura per il futuro, assicurandocene una migliore comprensione (o almeno così dovrebbe essere).
Come sostenevano Macchiavelli e Cicerone, la storia è “magistra vitae”, e come tale va studiata con accuratezza: per questo motivo la scuola, nel particolare, è gravata dall’onere di trasmettere questa conoscenza alle generazioni future, in modo da guidarle verso un mondo migliore.
Questa trasmissione è, però, molto difficile che avvenga senza alcuna deviazione: ricordiamo, d’altronde, che si tratta pur sempre non solo di comunicazione, affare già complesso di per se, come sosterrebbe Pirandello, ma addirittura di comunicazione generazionale, quindi tra individui che partono da presupposti completamente diversi e che hanno ruoli ben determinati (quello dell’insegnante che impartisce e quello del discepolo che apprende).
Inoltre l’insegnante, proprio perché compreso nel suo ruolo, difficilmente riuscirà a fare un passo indietro rispetto al suo pensiero personale, ritenendolo profondamente giusto e dunque da tramandare; ma la più tragica delle deviazioni di questo passaggio è certamente quella che avviene quando ci troviamo a parlare di argomenti di grande rilevanza storico-politica, come la Shoà, o anche il fenomeno della mafia.
È quasi impossibile, allora, che lo studente non si ritrovi ad avere a che fare con una facciata di sentimentalismi retorici: quante volte ci vengono proposti film e documentari “strappalacrime”al fine di sensibilizzarci?
Tuttavia commuoversi davanti a immagini forti porta davvero a una comprensione profonda delle cause che hanno portato a tale evento? Noi riteniamo che sia solo una coscienza storica ragionata e costruita su un’analisi il più possibile oggettiva del passato a permetterci di dire “mai più”.
Ufficio Stampa Liceo G.D. Cassini Sanremo
Zelda Moreno e Caterina D’Angelo