Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Stefano Sciandra in merito all’emergenza sanitaria in corso con particolare attenzione alla drammatica situazione della casa di riposo Orengo Demora di Borgomaro dove si trova il padre Romano.
“Sono Stefano Sciandra, sono un giornalista, sono un alpinista, sono un cittadino. Chiedo scusa se non appartengo al coro di quelli che scrivono “Andrà tutto bene” o cantano dai balconi. Da alpinista, so convivere con il rischio, anche con la morte, mai mi sono arreso nella mia vita davanti alle difficoltà e ai dolori che segnano il cammino di tutti Noi.
Quanto sta accadendo nella Casa di Riposo Orengo-Demora a Borgomaro, al pari di tutte le RSA di questo Paese in ginocchio è la cartina tornasole della realtà Coronavirus. In quella Casa di Riposo, è ospite da poco più di un anno, anche mio padre Romano, 91enne che non vedo da due mesi e da 10 giorni nemmeno in video chiamata come accade per tantissime persone siano lombarde, venete, piemontesi, liguri o siciliane, che hanno i loro Cari ricoverati nelle RSA. Anche mio padre è infetto e da 48 ore, stante la situazione drammatica in cui versa la struttura non riesco ad avere notizie.
Il personale, cui va la mia totale solidarietà e il mio ringraziamento, è allo stremo, e da “malato” assiste gli ospiti malati. Nella mattinata di venerdì 10 aprile ho ricevuto una telefonata da un medico dell’Asl che mi chiedeva se ero informato in merito a un tampone a cui era stato sottoposto mio Padre, fatto di cui non ero al corrente. La positività al virus l’avevo dedotta dalle scarne informazioni reperite presso la Casa di Riposo circa la sintomatologia che presentava e lo stato febbrile manifestato negli ultimi giorni.
Faccio presente che lo stesso Medico dell’Asl, per altro molto cortese, effettua telefonate per adottare eventuali misure di quarantena per i familiari, essendo lo stesso Sanitario all’oscuro di dove viva o si trovi il paziente refertato. Non faccio parte del coro dell'”Andrà tutto bene” solo perché inorridisco quando sento i signori dello stato, entrambi con la s minuscola, affermare che siamo un grande paese, un paese civile. Nel 2020 morire cosi non è civile, l’italia non è civile, la globalizzazione non è civile. Nessun paese oggi è grande, di grande ci sono le frottole che ci raccontano nelle conferenze stampe ad hoc per il “gregge”, nei numeri dei morti, stimati solo sui decessi in struttura ospedaliera e scremati di coloro lasciati morire a casa o nelle RSA. Ci raccontano dei cali nei ricoveri, certo perché gli anziani vengono lasciati al loro destino nelle Residenze assistite nelle loro abitazioni. Basta dare un’occhiata ai dati ufficiali per constatare che al di fuori degli ospedali i conti in merito ai decessi non tornano.
Io non faccio parte del coro dell'”Andrà tutto bene’, perché quando finirà, se finirà, se non mi ammalerò anch’io e se sopravviverò, nulla sarà come prima. Il destino a volte è beffardo tanto che abbiamo un ministro alla Sanità che si chiama Speranza, quella che tutte le Persone di buon senso hanno perso da tempo. Nei secoli siamo passati da timonieri come Magellano agli Schettino, in tutti i campi con una classe politico-dirigenziale che è perfetto specchio della realtà. La ferita che resterà dopo questa vicenda sarà troppo profonda e il dopo sarà ancora peggio, le cicatrici si riapriranno come quelle spaccature nelle nostre montagne che con lo scioglimento del permafrost si stanno sbriciolando, come si sta sbriciolando la presunta società civile, la tanto conclamata europa e l’intera globalizzazione tanto simile a un castello di carte pronto a collassare su se stesso”.