Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa di Attac Imperia, Casa Balestra, Coordinamento imperiese Acqua Pubblica, Collettivo Italia-Centro America, Fridays For Future Ventimiglia, Italia Nostra Ponente Ligure, Ci Siamo in difesa dei beni comuni:
Ricordare la tragedia del Vajont, a sessant’anni di distanza, non è solo un esercizio di memoria nazionale, sebbene doveroso. Il prossimo 11 novembre si incontreranno nuovamente le comunità di Longarone e Badalucco, nel paese della Valle Argentina, per celebrare la “battaglia di San Martino” e ricordare l’anniversario storico della lotta contro la costruzione della diga di Glori.
Quella catastrofe, dove persero la vita 1910 persone, deve restare il monito di un disastro evitabile. Solo così si può rendere omaggio a quelle vittime ed impedire che diventi una data sbiadita nel calendario delle tragedie del nostro Paese.
Quel “genocidio dei poveri”, come venne definito nell’arringa da Sandro Canestrini, avvocato di parte civile nel processo del Vajont, va visto in una dimensione di responsabilità molto più ampio che coinvolge l’idea stessa di progresso, come se lo sfruttamento del territorio, l’estrazione delle risorse non avessero un impatto negativo sull’ambiente naturale e sulla vita delle persone.
La cosiddetta “tragedia del Vajont” non fu un evento causato dalla sventura, ma “un omicidio colposo plurimo con l’aggravante della prevedibilità”, come venne sentenziato dalla Cassazione nel 1971, condannando lo Stato italiano, Enel e Montedison. Quella diga non avrebbe mai dovuta essere costruita.
Proprio mentre il progetto della diga e degli invasi nel torrente Argentina è tornato d’attualità, sarà un’occasione di condivisione e solidarietà per una vicenda fortemente identitaria, che ha segnato la comunità badalucchese, ma anche per ribadire una necessaria inversione di rotta.
L’urgenza di intervenire è dettata dalla gravità della crisi climatica, i cui effetti aggravati dal prevalere di una visione economicista nella gestione del territorio, stanno causando danni ambientali irreversibili. Ecco perché siccità e alluvioni sono i due aspetti della stessa medaglia.
Per ridurre gli effetti di eventi eccezionali come quelli avvenuti di recente in Toscana, non servono più opere, ma un’altra gestione di fiumi e territorio. Così come, con l’aumento delle temperature e degli sconvolgimenti climatici, costruire nuove dighe non è una risposta alla scarsità d’acqua.
Non serve essere geologi o climatologi per constatare la fragilità di questo lembo di Liguria. Lo stanno approfondendo diverse associazioni locali che insieme hanno promosso l’iniziativa “L’acqua è vita. Come contrastare la siccità?” per un confronto con cittadine e cittadini e molte realtà territoriali non solo della Valle Argentina.
Mettere al centro gli acquedotti per ridurre le perdite, il riassetto idrogeologico e la rinaturalizzazione dei fiumi, sono peraltro interventi fondamentali in applicazione della normativa “Ripristino della natura” approvata il 12 luglio del 2023 dal Parlamento Europeo.
E’ con questo spirito che ricordiamo le vittime di un’immane tragedia e partecipiamo al sacrificio di tante e tanti che si opposero e si oppongono al pericolo di “non poter vivere una vita serena, senza la minaccia di una diga o di un invaso sopra la testa”.