Ancora un suicidio in un carcere della Nazione, nella Casa circondariale di Imperia, e tornano ad alimentarsi le polemiche per il mancato recepimento dei richiami del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”, denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“L’uomo suicida, sessantacinquenne siciliano associato a Imperia a seguito di un’accusa di tentato omicidio nei confronti della sua compagna, in attesa di primo giudizio, si è impiccato in cella. Decidere di uccidersi è una scelta che ha sconvolto tutti, operatori ed altri ristretti”.
“Chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale, dovrebbe andare in carcere a Imperia a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del SAPPE e di tutto il Corpo ma dell’intera Nazione. L’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono: è il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti.” Prosegue Donato Capece.
“È fondamentale dare corso a riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli – e sono sempre di più – che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione”. “A tutto questo si aggiunga la gravissima carenza di poliziotti penitenziari. Come si fa a lavorare così?”, conclude.