Riceviamo e pubblichiamo di seguito la nota stampa della consigliere comunale d’opposizione a Imperia, Deborah Bellotti (PD).
“L’ultimo Consiglio comunale, il cui tema più significativo riguardava la “ripartenza” del teatro Cavour dopo 9 anni di chiusura, ha visto nel suo svolgimento una costante: per quanto le pratiche siano state affrontate dalla minoranza nel merito e con toni pacati la risposta è sempre stata la stessa: siete la “sinistra del NO”, volete il “male della città” e altre amenità di questo tenore.
Esprimere preoccupazioni sulle pratiche non vuol dire essere “contro”, significa prendere seriamente il proprio ruolo e rappresentare le istanze dei cittadini, anche e soprattutto di quel 40% che nell’urna ha compiuto scelte diverse.
Parlando del Teatro “Cavour” siamo, è superfluo dirlo, a favore della sua riapertura e soddisfatti che, finalmente! Si cominci con una stagione, tanto auspicata, in autunno. Siamo però preoccupati dalla modalità di affidamento di gestione; 170 mila euro per un anno di gestione ci sembrano davvero pochi per offrire una stagione teatrale, musicale e cinematografica di qualità, che attragga gestori in possesso di adeguata esperienza, competenza e professionalità come recita la stessa delibera di affidamento.
Occorre far ripartire un teatro di questo livello con il piede non giusto, ma giustissimo, visti gli anni attesi e il costo dei lavori.
La cifra per il direttore artistico è di molto inferiore rispetto a quanto si vede in altri teatri, cosi come i costi del personale e della realizzazione degli spettacoli.
Ci preoccupa inoltre l’affidamento per un solo anno, emendato proprio in coda alla discussione con la possibilità di un unico rinnovo; il primo anno del nuovo “Cavour” non è un anno qualunque, ha un forte valore simbolico e operativo.
Può essere una pietra miliare che segna il passo per il futuro e rilancia la cultura ad Imperia.
Ci rimane inoltre il dubbio se, sulla gestione di questa struttura cosi come di tutta la cultura in città, non si potesse, come accade altrove, affidarsi a risorse proprie, esplorando la possibilità di un affidamento ad una società “in house”, più vicina alla gestione del bene collettivo e più coerente con gli obiettivi di una pubblica amministrazione.
Se non si possa, insomma, creare un polo culturale che rimanga in città, attraendo competenze e sfruttando quelle già esistenti.
Sono tutte preoccupazioni, ci permetta l’amministrazione, più che fondate e ragionevoli e che meritano rispetto all’interno di un confronto democratico”.