Circa 150 persone a Sanremo hanno risposto all’appello del Movimento Imprese Italiane fissato per questa sera alle 20 per celebrare un simbolico funerale delle imprese.
Inizialmente il ritrovo era previsto davanti al cinema teatro Centrale ma l’autorizzazione è stata negata soprattutto perché l’intenzione degli organizzatori era quella di recarsi poi in corteo lungo via Feraldi e piazza Eroi sino sotto la sede dell’Inps che si trova nel palazzo dell’Anagrafe. E così ritrovo e luogo di svolgimento della manifestazione di protesta si sono tenuti davanti all’ingresso del Mercato annonario, sotto le finestre della sede Inps.
Sotto l’attento controllo di un consistente spiegamento di forze dell’ordine (Polizia di Stato e Locale e Carabinieri) puntuale alle 20 è iniziato il breve corteo funebre, senza bara, con alcune vedove rigorosamente vestite di nero e con i ceri accesi che pochi metri dopo si sono fermate dove, sopra un furgone, è stato allestito un podio che voleva essere un pulpito clericale.
Da quel pulpito un finto prete ha celebrato un breve e accorato rito funebre, preceduto dall’Inno di Mameli. Dopo il ‘prete’ ha preso la parola una ‘vedova’ e quindi sono saliti sul podio i due organizzatori che già erano stati protagonisti di ‘Pane e Cipolle’ di qualche giorno fa in Piazza Colombo.
“Il decreto Cura Italia non ha curato un ca… – ha esordito Maurizio Pinto – ci hanno detto di andare in banca e di farci un debito e poi pagare anche le tasse. Non ci devono far pagare nulla, ci hanno impedito di lavorare per tre mesi e adesso ci devono rimborsare almeno in parte quello che abbiamo perso. Stracceremo le cartelle esattoriali anche perché pochi giorni fa è stato lanciato il Rilancia Italia che come ci aspettavamo non ha rilanciato un ca… La verità è che dobbiamo fare tutto da soli, senza dover nemmeno contare sulla loro pietà. Hanno pianto quando hanno regolarizzato i migranti, per noi non piange nessuno”.
Ha poi preso la parola Alessio Graglia, anche lui uno dei fondatori del Movimento.
“Ottanta giorni di chiusura, 80 giorni che non incassiamo un soldo e ci danno la vergogna di 600 euro. I finti aiuti che non sono mai arrivati, adesso ci fanno riaprire e noi come brave formichine tutti torniamo al lavoro, diligenti e con buona volontà. E che cosa succede? Un sacco di spese di bollette di consumi mai consumati e tutte le spese per mettere a norma i nostri locali. Ma il colmo, l’insopportabile è che se lavori fai assembramento! Vogliono uccidere le piccole imprese, ormai è chiaro. Questa parola assembramento è una disgrazia, ci fanno le multe se lavoriamo dopo che ci hanno detto che possiamo tornare a lavorare, è una vergogna!”
“Chiediamo per l’ennesima volta – ha proseguito Graglia – finanziamenti a fondo perso per il tempo che noi abbiamo perso; sostegno reale per le imprese e per i lavoratori; aumentare il credito d’imposta; la proroga della cassa integrazione, la moratoria sugli affitti e altre agevolazioni fiscali. Adesso c’è il blocco dei licenziamenti ma appena verrà tolto tantissimi imprenditori dovranno licenziare i dipendenti”.
Ha concluso Pinto dicendo: “Abbiamo parlato con Toti, è un piccolissimo passo ma lui almeno ci ha ascoltato anche se non può ancora accogliere le nostre richieste. Ringraziamo anche il sindaco Biancheri per le concessioni sui dehor ma se non aprono le regioni e le frontiere noi siamo destinati a morire. E smettiamola con la parola assembramento! Cosa dobbiamo dire a ragazzi di 20 o 25 anni che dopo essere stati chiusi in casa per tre mesi vogliono tornare a vivere? La movida non è una parolaccia e diciamo basta multe per chi non rispetta il distanziamento”.