Da quasi un mese sono bloccati a Orosei, comune sardo di 7mila abitanti in provincia di Nuoro. Ilaria, 23 anni di Sanremo, e il suo ragazzo Pietro, 29enne di Imperia, avevano deciso di regalarsi una breve vacanza settembrina per gli ultimi bagni di mare in questo funesto 2020, e invece il loro soggiorno in una delle zone più spettacolari dell’isola si è trasformato in una prigione.
È proprio Ilaria a raccontare nei dettagli lo svolgimento dei fatti.
“Avevamo prenotato il soggiorno in un residence dal 14 al 20 settembre – dice – ma poco prima della data di partenza, l’11 settembre il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas, a fronte dell’impennata di positivi al Covid, ha emesso un’ordinanza con la quale si richiede ai turisti di mostrare un certificato di negatività, ‘fresco’ al massimo di 48 ore. L’ordinanza è emessa di venerdì, il 12 e 13 sono sabato e domenica, impossibile per noi farci testare, e senza un minimo accenno ai sintomi tipici del contagio siamo partiti ed arrivati la sera del 14 settembre.”
“Sbarcati nel porto di Olbia nessuno ci ha sottoposto al tampone. Ligi al dovere e rispettosi dell’ordinanza – continua il racconto di Ilaria – la mattina seguente ci siamo recati in un laboratorio di Nuoro per sottoporci al test sierologico dal quale è risultata la nostra positività agli anticorpi IgG ma negativi agli anticorpi IgM. Il protocollo prevede allora di essere sottoposti al tampone naso-faringeo che ci viene effettuato il 18 settembre e il cui esito giunge il giorno dopo: io positiva, il mio ragazzo negativo”.
“La conseguenza è che ci viene comunicato l’obbligo di quarantena sino al 2 ottobre. Distrutti psicologicamente, siamo confortati dalla gentilezza e disponibilità dei gestori del residence che si prendono cura di noi andandoci anche a fare la spesa mentre chi si dovrebbe occupare del nostro stato di salute, informandosi su come stiamo, se abbiamo problemi o sintomi causati dal contagio, si fa vivo solo per la prenotazione del tampone successivo”.
“Undici giorni dopo il primo tampone – prosegue Ilaria – il 29 settembre veniamo sottoposti al secondo e il 2 ottobre ecco la mazzata: tutti e due positivi e lo stesso giorno il residence estivo chiude ma ci consentono di rimanere e continuano nella loro umanità a prendersi cura di noi impossibilitati anche a fare la spesa per nutrirci. Da allora siamo ancora qui a Orosei. Abbiamo contattato chiunque, al Comune, alla Polizia, ai Carabinieri, all’Asl, alla Regione Sardegna e per disperazione anche alla Procura della Repubblica ma non c’è stato nulla da fare, la risposta è sempre stata la stessa: ‘Non possiamo farci niente, non è nostra responsabilità’”.
“Abbiamo chiesto la possibilità di fare la quarantena a casa nostra in Liguria ma ci è stata negata, abbiamo paura di essere quei casi asintomatici la cui positività perpetua per settimane o addirittura mesi. Ci sentiamo abbandonati dalle autorità pubbliche, lontano da casa e da soli in una struttura chiusa e senza riscaldamento, psicologicamente distrutti anche per le preoccupazioni e l’ansia dei nostri parenti”.
“Se almeno venissimo trasferiti in qualche struttura apposita per malati di Covid ci sentiremmo più protetti e seguiti dal servizio sanitario ma sembra che non ce ne siano di questi posti, la totale disorganizzazione ancora dopo otto mesi dall’inizio dell’emergenza non fa che peggiorare la situazione. L’unica nota positiva in questo scenario da incubo è che noi due stiamo bene di salute e anche la mia asma, che mi ha causato uno stato di invalidità è sotto controllo”.
“È una situazione senza via d’uscita – conferma Marco Damonte Prioli, Direttore generale dell’Asl1 cui abbiamo sottoposto il caso – devono avere pazienza e sottoporsi ai tamponi e se questi sono positivi loro non si possono muovere. Ne servono due negativi consecutivi nell’arco delle 48 ore per avere il via libera da parte dell’Asl di Nuoro che è responsabile unica della gestione nel suo territorio di competenza. Nessuno può interferire sulle loro decisioni, come accade anche da noi quando ci capitano casi simili di persone residenti in altre regioni: diventano pazienti che ci prendiamo in carico e che curiamo noi, decidendo su tempi ed eventuale profilassi da adottare e poi eventualmente si spera per decretarne la guarigione, senza che la loro Asl abituale possa intervenire se non per motivi estremi”.
“Ma qui in provincia di Imperia – chiarisce Damonte Prioli – in situazioni come quella che riguarda Ilaria e Pietro intervengono i Servizi Sociali che si occupano di tutto, come dovrebbero fare quelli del comune di Orosei”.