In fin dei conti la vita è un continuo coming out. Un giorno dici a mezzo mondo che sei gay e pensi di aver dissepolto il più grande dei tuoi segreti ed il giorno dopo ti svegli e di colpo un dubbio ti sorprende: “ma i miei amici mi rivolgerebbero ancora la parola se sapessero che ho votato Lega Nord?”.
Era il 1994, frequentavo il terzo anno del liceo scientifico di Ventimiglia. Avevo da poco compiuto sedici anni e c’era un tizio di nome Umberto che gridava in tv che ce l’aveva sempre duro, proprio mentre un altro tizio di nome Silvio raccontava, nelle sue tv, che suo figlio diceva alle maestre che suo padre aggiustava le televisioni. “La prossima volta” chiosò Berluskaiser “dovrai dire che tuo papà aggiusta l’Italia”. Il soprannome “Berluskaiser” fu coniato dallo stesso Umberto che tacciava Silvio anche di essere “mafioso”. Poi i due finirono per allearsi ma questa è un’altra storia. O forse no, ma è una storia complicata e coinvolge anche me. Avevo sedici anni, stavo dicendo, e decisi di andare a Pontida con alcuni amici al più grande meeting italiano di celoduristi. Sia chiaro, andai perché a modo mio credevo nel loro messaggio. Ritenevo fossero l’unica soluzione possibile per ricucire l’Italia divisa ormai tra onesti da un lato e disonesti dall’altro in quel difficile periodo che seguì ai tragici eventi dell'”Hotel Raphael”.
Sull’autobus ci sedemmo in fondo, nei posti più cool, in compagnia dell’allora giovanissima e simpaticissima neo-deputata Sonia Viale, anch’ella ex del liceo di Ventimiglia. Fu un viaggio indubbiamente piacevole, mai sopra le righe. Arrivati a Pontida la mia perenne mancanza di denaro mi impedì di comprare il profumo “Dur”, venduto in tutti gli stand. Erano davvero ossessionati. Poi arrivò il momento fatidico: Umberto ci chiese se fossimo d’accordo ad un’alleanza di governo Lega Nord-Forza Italia guidata dall’ormai ex-mafioso e ex-kaiser Silvio. Rispondemmo ciò che voleva sentirsi dire e l’alleanza si fece. Avremmo potuto dire “no”, avrei potuto dire “no”, ma non lo facemmo e non lo feci.
Due anni dopo ci furono le elezioni anticipate ed io stavo attraversando un periodo di crisi senza precedenti: ero follemente innamorato, non corrisposto, di un mio compagno di classe. Canovaccio banalissimo, ma allora non lo sapevo. Preparai, per le prime elezioni della mia vita, una frase di Leopardi da scrivere sulla scheda elettorale: “e ardisco desiderare la morte, e desiderarla sopra ogni cosa, con tanto ardore e con tanta sincerità, con quanta credo fermamente che non sia desiderata al mondo se non da pochissimi.” (Dialogo di Tristano e di un amico).
Della politica, in quel tristissimo momento della mia esistenza, mi importava meno di zero, eppure pochi secondi prima di entrare in cabina elettorale mi feci convincere, da chi mi accompagnò al seggio, che non avrei dovuto sprecare il mio voto e che in fondo il mio “vecchio amore” era il “meno peggio”. Cribbio, votai Lega Nord. Presi il bigliettino con la frase di Leopardi e lo cestinai, a malincuore.
Pochi mesi dopo mi iscrissi al primo anno di Matematica e non tardai a partecipare agli incontri del “Kollettivo Pitagora” con cui provammo a contrastare lo strapotere di Comunione e Liberazione. Il resto è più o meno noto: Sonia Viale è vice presidente della regione Liguria, partecipa ai meeting sulla famiglia tradizionale per ribadire che le famiglie omosessuali sono famiglie di serie B (o che non sono famiglie) e non risponde agli inviti di eventi organizzati nella sua provincia se questi sono ideati dalle associazioni LGBT. Abbiamo preso strade diverse, c’est tout. Ha vinto lei, indubbiamente. Ma abbiamo vinto anche noi. Anzi noi di più.
Resta da chiarire se l’attuale leader della Lega ce l’ha duro o no, ma in genere alzare la voce con i più deboli è un bruttissimo sintomo.
Marco Antei