“La SHOAH come non si è mai vista e immaginata”, ecco la sintesi di Diego Marangon, regista di “Liber theatrum”, anche quest’anno protagonista della Giornata della Memoria edizione 2018 per presentare il nuovissimo spettacolo teatrale – “Ridere rende liberi” – Sabato 27 Gennaio ore 21.00 a Bordighera al teatro del Palazzo del Parco a ingresso libero e gratuito e inserito nel cartellone di “TeaLtro” la rassegna teatrale invernale della città delle palme. Già andato in scena con successo al Teatro Comunale di Ventimiglia Mercoledì sera e nella mattinata di Giovedì per 400 studenti, quest’anno il punto di vista sulla più grande tragedia umana dell’era moderna che si è voluto prendere in esame è stato ancora più originale e inaspettato.
Prendendo spunto per il titolo dello spettacolo, modificandolo ad arte, dal terribile motto che campeggia simbolicamente ancora oggi sul cancello di ingresso del campo di sterminio di Auschwitz – “Il lavoro rende liberi” – l’attenzione è caduta infatti sull’aspetto apparentemente e paradossalmente divertente, chiedendosi se ridere al tempo della Shoah, durante l’Olocausto e prima ancora del genocidio di milioni di esseri umani, si poteva, si faceva, era possibile, era permesso, era lecito.
Partendo a ritroso dagli ultimi anni della Repubblica di Weimar, sino ad arrivare all’avvento di Adolf Hitler e poi agli internamenti e agli stermini nei lager, al centro dell’attenzione c’è innanzitutto Berlino con i suoi innumerevoli cabaret e sale da ballo, dove i travestimenti, l’inversione dei ruoli, la confusione dei sessi e la cultura gay erano non solo tollerate ma regnavano sovrane. La capitale tedesca era il laboratorio europeo della grande modernità, tutta proiettata verso il futuro, il paradiso di tutte le libertà dal punto di vista artistico, irrequieta, dissoluta e libertina. Il tutto portato, prima agli estremi negli anni ’20 e poi letteralmente spazzato via dal vento nazista.
Uno spettacolo in costante equilibrio tra ricordi, aneddoti e battute, dove si ride e si sorride, spesso amaramente. Perché anche in quel periodo in Germania prima e nell’Europa occupata dopo, si sorrideva e si rideva, o almeno si cercava di farlo. “Si rideva per non piangere”, o meglio “per smettere un attimo di piangere”.
Il riso quindi come strumento di resistenza, ma anche come mezzo e risorsa cui attingere per esorcizzare la paura e come sfida verso chi pone fine alla vita umana.
Uno spettacolo dove l’umorismo e l’ironia aiutano a interrogarsi sui poteri e sulla forza d’urto del riso, per riflettere sul senso del comico nel cuore del dolore quando, a complicarne le dinamiche, interviene la relazione che sussiste fra il carnefice e la vittima e sono gli aguzzini a contendere ai perseguitati “l’ultima risata”.
Perché è anche così che si alimenta la “memoria”, per non disperderla, per non dimenticare, cosa sempre più necessaria, soprattutto in momenti bui della storia come quelli attuali.