I cambiamenti climatici colpiscono anche l’ulivo, con il raccolto mondiale che crolla è fa schizzare i prezzi dell’olio extravergine a livello nazionale del +49,3%. È quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati Istat a ottobre in occasione della Giornata mondiale dell’ulivo proclamata dall’Unesco.
La produzione dell’olio extravergine nazionale quest’anno è stimata di circa 290mila tonnellate, al di sotto della media dell’ultimo quadriennio, con il Sud che segna un +34% rispetto allo scorso anno e salva l’Italia dalla caduta verticale del centro nord (-1/3), secondo le previsioni Coldiretti, Unaprol e Ismea. Anche in Liguria i problemi si fanno sentire. “È il terzo anno consecutivo, questo”, spiegano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, presidente di Coldiretti Imperia e delegato confederale, “che la produzione ha perso il 50%. Non omogeneamente in tutta la regione, dipende dagli areali, ma in generale il problema è comune a tutto il bacino mediterraneo”.
In Liguria ci sono circa 6mila ettari di oliveti coltivati, di cui quasi 4.000 a taggiasca. Le altre varietà presenti sul territorio sono cultivar, come la lavagnina, la razzola e la colombaia. Di queste, 2.300 ettari sono a DOP, non esclusivamente di taggiasca. Nonostante quindi una distribuzione ampia, la produzione nazionale non è sufficiente a soddisfare la domanda per consumo ed esportazioni. Inoltre, sull’aumento dei prezzi pesano i risultati della scarsa raccolta all’estero, in particolare nella penisola iberica, primo produttore ed esportatore mondiale la cui produzione, quest’anno, dovrebbe attestarsi a circa 765 mila tonnellate, del 34% inferiore alla media degli ultimi quattro anni.
“L’Italia”, continuano Rivarossa e Boeri, “è fra i primi tre maggiori consumatori di extravergine di oliva al mondo con circa 480 milioni di chili, subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti”, e rappresenta il 15% dei consumi mondiali secondo elaborazioni Coldiretti sugli ultimi dati IOC (International oil council). In un contesto del genere, l’investimento nella coltura dell’olio è non solo importante, ma necessario, soprattutto in periodo di emergenza come quello attuale.
“Serve investire nella ricerca e nella sperimentazione applicata”, specificano Rivarossa e Boeri. “In primis per capire le cause di questa grave crisi, per potere esaminare a fondo i problemi ambientali che ci riguardano e trovare nuovi modi per salvare il lavoro degli olivicoltori”. Ma non solo: il focus deve essere anche sui nuovi prodotti da utilizzare per le piante. “Dopo che l’Unione Europea ne ha messi al bando parecchi, è necessario capire il funzionamento di quelli nuovi che vanno utilizzati per il trattamento degli ulivi e il controllo delle patologie principali, prima fra tutte la mosca dell’ulivo”.
Un altro investimento necessario è nei confronti delle infrastrutture: “Soprattutto nel ponente ligure, che oltre a essere la zona in cui piove meno rispetto al resto della Liguria, sta soffrendo una grave crisi idrica”. Infine, ultima ma non meno importante, serve porre l’accento su un’altra mancanza territoriale: la consulenza agronomica e la formazione.
Che la giornata mondiale dell’ulivo sia dunque un’occasione per festeggiare la pianta della pace, ma anche e soprattutto un’opportunità per discutere di metodi concreti per preservare una produzione che rappresenta un patrimonio indiscusso della regione Liguria e di tutto il paese.