Roberto Cotroneo, direttore della scuola di giornalismo LUISS di Roma, giornalista e scrittore, ha tenuto la conferenza finale del Convegno nazionale della Stampa Studentesca, che ha avuto luogo dall’1 al 3 dicembre ad Alessandria. E rivedendo il giornalista nella sua città natale abbiamo deciso di intervistarlo.
Quali consigli darebbe ad una redazione di giovani?
Il consiglio che do è di metterci tanto entusiasmo, ma anche di studiare. L’idea che in qualche modo il giornalismo possa essere una cosa che viene solo dalla capacità di scrivere e non di analizzare i problemi e le cose, secondo me è un’idea vecchia e sbagliata. Una volta si diceva, ed era un luogo comune, “per diventare un giornalista devi consumare le suole”. Ora non dico che non sia vero, però un tempo era così. Diventare un giornalista voleva dire fare la notte il giro di commissariati e pronto soccorso per capire dove erano le notizie; tutte cose che ancora sono vere, però oggi il mondo è un po’ più complicato e non basta più consumare le suole. Importante è certamente avere delle buone suole, ma anche avere dei buoni occhi e una buona mente, e secondo me oggi il consiglio che do ai più giovani è di studiare, di documentarsi e imparare e poi di fare quello che noi chiamiamo il consumo della suola.
Cos’è per lei il buon giornalismo?
L’onestà intellettuale di dare le cose che noi riteniamo giuste, il dovere di informare e l’idea che il giornalismo è uno strumento di questa democrazia fondamentale, perché non c’è nessuna buona democrazia senza buoni giornali.
Quando ha scoperto di voler fare il giornalista, come l’ha capito?
Io stavo ad Alessandria e leggevo. Ho avuto dei professori alle superiori che mi hanno molto indirizzato perché erano delle persone estremamente stimolanti, dopo di che da lì ho iniziato a leggere giornali e il mito della mia vita era l’Espresso. Lo leggevo e leggevo tutte queste firme che mi sembravano dei grandissimi giornalisti. Il mio sogno era andare a l’Espresso. E sono stato un uomo fortunato perché sono entrato a l’Espresso e tutte quelle persone che io leggevo e mi sembravano in qualche modo inarrivabili, sono diventati i miei compagni di scrivania. Quindi questa mia fortuna ha fatto sì che io avessi quasi una vocazione: io volevo fare il giornalista culturale e lo volevo fare a l’Espresso. Sono andato a l’Espresso, ho fatto il giornalista culturale, ho diretto le pagine culturali per tantissimi anni e quindi devo dire che è accaduto il sognò che volevo. Menomale! Sono sempre consapevole della fortuna che ho avuto su questo.
Un commento sull’evento
Tutti i luoghi dove dei ragazzi giovani si incontrano in grande numero e si scambiano siano fondamentali, perché è vero che, come ho detto prima in conferenza, l’idea dei social, l’idea di poter accedere attraverso la rete e avere dialoghi con persone che non si conoscono è importantissimo. La gente fa presto a dire che è meglio incontrarsi, se sei a New York è più facile, ma se vivi in un paesino del Sud dove quando esci di casa hai solo tre pensionati che giocano a carte nel bar, e puoi parlare con chiunque nel mondo collegandoti al Web secondo me per quanto, certamente, c’è una deprivazione sensoriale, ma è molto utile.
Maria Chiara Donzella e Francesco Toti – Ufficio Stampa Liceo Cassini