Il 30 Dicembre del 2011 erano da poco cominciate le celebrazioni dello Shabat ebraico ed alcuni amici mi chiamarono per invitarmi alla cena che l’associazione LGBT di Beer Sheva, sabbiosa città del sud di Israele, organizzava ogni venerdì sera. Accettai volentieri l’invito e partecipai al primo kidush della mia vita.
Scoprii quella sera stessa che in Israele capodanno non si festeggia il primo Gennaio bensì circa nove mesi dopo. Però la notte di San Silvestro non passa inosservata neanche in Terra Santa e non sono rare le celebrazioni nei diversi locali della movida israeliana. Però era il 30 Dicembre e ancora non sapevo che cosa avrei fatto il giorno dopo e temevo che non avrei trovato nessuno che volesse festeggiare il capodanno con me. L’idea di andare da solo a Tel Aviv e buttarmi in qualche locale per poi ritornare distrutto a Beer Sheva con le prime luci dell’alba non mi allettava particolarmente, ma lo avrei fatto se non avessi trovato un’alternativa valida. Ma rimanevano poche ore e dovevo sbrigarmi.
Dopo cena andammo ad una festa e notai un lusinghiero interesse nei confronti dell’unico straniero presente da parte di un cospicuo numero di partecipanti. Confesso che ci divertimmo davvero un sacco ma la festa stava per terminare e non avevo ancora nessun programma per il giorno successivo. Mi avvicinai dunque ad un ragazzotto di nome Tomer, anche lui membro dell’ “Arcigay” israeliana e, aiutato da diversi bicchieri di Arak, gli chiesi “senti, ma tu quanti anni hai?”. Quando mi disse che ne aveva solo ventitré gli feci notare che dieci anni di differenza mi sembravano un po’ troppi (come se ci dovessimo sposare) ma soprassedei (e lui non mi mandò a quel paese) e gli chiesi comunque se avrebbe voluto festeggiare la notte di San Silvestro al ristorante con me. Ovviamente rispose di sì (credo di averlo convinto quando ho detto “offro io”). Lasciai la scelta del ristorante a lui, in quanto indubbiamente più esperto di me sui ristoranti della capitale del Neghev. Quando mi disse che aveva prenotato da “Spaghettim” (ristorante pseudo-italiano) ero già pronto ad annullare tutto e partire per Tel Aviv, ma alla fine andai, come previsto, all’appuntamento e mangiai un copioso piatto di simil-lasagne. A quel primo appuntamento ne seguirono altri e poche settimane dopo mi portò a mangiare sushi in un pub israeliano. La serata prese un’inaspettata piega quando in sottofondo sentimmo le note di Bohemian Rapsody. Siccome appartengo a quella categoria di persone che ogni volta che sentono una canzone che gli piace non possono fare a meno di interrompere qualunque cosa si stesse facendo in quel momento per gridare al mondo “adoro questa canzone”, anche quella sera sentii la necessità di ribadire quanto amassi Freddie Mercury e soci e il loro capolavoro, seppur datato. Tomer mi rispose che non conosceva quella canzone e che sì, sapeva chi erano i Queen ma che quella canzone in particolare non la conosceva. Lo sapevo che dieci anni di differenza erano troppi.
Per mangiare in un ristorante israeliano coi fiocchi dovetti aspettare il San Silvestro dell’anno successivo. Fu ancora una cena a due, io e Tomer che continuavo a frequentare nonostante le sue gravi lacune musicali. Da allora sono cambiate molte cose: Spaghettim ha chiuso, l’ormai trentenne israeliano ed io ci siamo uniti civilmente (e legalizzatelo ‘sto matrimonio, sono stufo di dire “unito civilmente”, cribbio!) ed abbiamo “partorito” un cagnone di trenta chili.
Morale: se non sapete cosa fare a capodanno guardatevi un film!
Marco Antei