“Mettete dei fiori nei vostri cannoni”. Ricordate questa bella canzone della fine anni ’60 del Sanremo? Tra la città dei fiori, di Calvino e Roma, tra la Rai e il Festival della canzone, tra il neo sindaco Alessandro Mager, il vicesindaco Alessandro Sindoni, entrambi avvocati, l’intero consiglio comunale ed i nuovissimi tre patron della Rai, Simona Agnes, presidente, Giampaolo Rossi, amministratore delegato, Roberto Sergio, direttore generale, è esplosa la “Guerra delle antenne”.
Se fosse vivo ancora Totò, il principe De Curtis, re della risata Made in Italy, senza offesa per nessuno visto che si tratta solo di canzonette, anche se da oltre mezzo secolo tutto intorno girano e si respira sempre più un’aria plurimilionaria crescente, onorevoli e la politica, avrebbe pronunciato una delle sue storiche frasi: “ma mi faccia il piacere!” Come dargli torto. Molti sanremesi si domandano perché Mamma (matrigna?) Rai invece che al dialogo, al pacifico colloquio con Palazzo Bellevue, dopo aver organizzato in esclusiva il Festival di Sanremo e della canzone italiana, la classica gallina, per dirla modernamente, non più solo dalle uova d’oro ma delle ricercatissime “terre rare”, ha preferito ricorrere subito alle carte da bollo. Allo scontro. Ha registrato o meglio ha presentato all’Ufficio Brevetti e Marchi del Ministero dello Sviluppo Economico, che pare non si sia ancora espresso definitivamente, la richiesta di paternità di due brevetti, due testate diverse per diventare proprietaria della manifestazione? La prima “Festival Rai della musica italiana“; la seconda, più semplicemente: “Festival della Rai“. Geniali entrambi. Chissà che Michelangelo li ha partoriti.
Chiaro l’obiettivo: depotenziare le richieste Mager & company. Seminare divisioni, anche politicamente, paure a Sanremo e d’intorni di poter perdere altri interessati organizzatori, tv italiane e straniere. Senza la Rai davvero il deserto? Campane a festa per Viale Mazzini libero di poter organizzare il Sanremo senza pagare dazi imposti, stop al mitico teatro Ariston, porte spalancate in qualsiasi altra città italiana dalle Alpi alla Sicilia, anche in mezzo al mare, su navi, Costa, Msc o altre battenti bandiere straniere. Illusione? Nel passato se n’è parlato più volte, sono stati fatti anche tiepidi tentativi… Sempre alzato bandiera bianca. Baudo aveva trovato risposta e slogan vincenti: “Perché Sanremo è Sanremo“.
Per saperne di più abbiamo intervistato un imprenditore amante di Sanremo, del Festival, del Casinò del suo mare, del suo sole: Vincenzo Russolillo, da decenni patron del centralissimo Palafiori-Gruppo Eventi, nel pieno centro, a due passi dalla mitica Piazza Colombo, l’Ariston, corso Matteotti, il salotto matuziano, il Casinò, le spiagge. Anche lui ha chiesto il brevetto di un marchio Festival, vicinissimo, sovrapponibile ad uno dei due presentati più tardi da Mamma-Matrigna (?) Rai. Mai pensato a carte bollate, ricorsi. Don Vincenzo è “uomo di pace”. Preferisce il dialogo, il messaggio de I Giganti, il complesso che al Festival del 1967 con la canzone “Proposta”, meglio conosciuta con il versetto sempre verde, oggi più che mai, “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” arrivarono terzi, dietro “Quando dico che ti amo”, presentata da Annarita Spinaci ed i Serf. Vinse la canzone “Non pensare a me” cantata da una splendida Iva Zanicchi e dal grande Claudio Villa.
Il sindaco Mager non ha dubbi: “Il Festival della canzone italiana è di Sanremo e rimane a Sanremo”.
Nel video servizio a inizio articolo l’intervista a Vincenzo Russolillo.