Riceviamo e riportiamo di seguito la nota stampa di Ivan Bracco (Imperia Rinasce), consigliere di minoranza a Imperia.
“Ad Andora manca l’acqua e quel poco che arriva nelle case è salato. La situazione è decisamente pesante e si cerca un colpevole come spesso accade in queste situazioni. Il rischio, però, è che invece del colpevole si individui un capro espiatorio: da molte parti, infatti, Rivieracqua viene additata come il responsabile di ogni disservizio idrico del territorio. Una versione facile ma faziosa o, quanto meno, di comodo. La responsabilità infatti non è del gestore unico ma della politica che non ha permesso al gestore di lavorare correttamente negli anni. Proviamo a fare un po’ di chiarezza:
– nel 2011 gli italiani scelsero mediante lo strumento del referendum che la gestione dell’acqua restasse di competenza pubblica (fognature e depurazioni comprese);
– per dare corso a questo referendum vennero create delle società pubbliche che dovevano gestire il servizio idrico integrato e dunque andare a sostituire i gestori privati o misti (pubblico-privato) o pubblici (Comuni) che avevano gestito il servizio fino a quel momento;
– nel caso della provincia di Imperia fu creata Rivieracqua, una società a cui dovevano aderire tutti i Comuni della provincia e che sarebbe dovuta subentrare alle società pubblico-private che gestivano il servizio (Amat per Imperia, Amaie per Sanremo e Aiga per il comprensorio ventimigliese);
– dal 2011 fino a due anni fa la società pubblica Rivieracqua (il cui responsabile operativo, Gabriele Saldo, proveniva da Forza Italia) ha gestito solo alcuni comuni minori mentre Amat (società partecipata 50% Comune e 50% socio privato Iren) continuava a operare a Imperia e nel golfo dianese, gestendo anche la condotta sottomarina dell’acquedotto della tratta Sanremo-Andora, detta Roja 1, e Amaie (società pubblica del Comune di Sanremo) continuava a gestire il servizio idrico sulla città di Sanremo e zone limitrofe, una diga e Roja 1 e Roja 2 nella tratta Ventimiglia-Sanremo; il Comune di Imperia, il secondo comune della provincia nonché capoluogo, non è ancora socio di Rivieracqua, come se la città non abbia mai avuto interesse al buon funzionamento dell’azienda;
– queste società, Amat e Amaie, si opposero di fatto al passaggio a Rivieracqua, mettendo in essere dei contenziosi che crearono una serie di lungaggini burocratiche. Rivieracqua in questo modo non fu messa in grado di lavorare né di incassare (non avendo ricevuto nemmeno gli estremi delle bollette da incassare). Amat, in particolare, essendo gestore cessato, evitò di investire nei miglioramenti delle reti che, con il passare degli anni, si sono deteriorate;
– questo scontro politico ha pertanto allungato i tempi e impoverito le reti dal punto di vista della funzionalità;
– operai, tecnici e manager di Rivieracqua, giudicati non all’altezza delle loro competenze, provengono quasi tutti dalle stesse società che hanno gestito il servizio prima della creazione di Rivieracqua. Possibile che siano diventati incapaci dalla mattina alla sera?
Questi i fatti, proviamo ora a trarre delle facili conclusioni.
– Rivieracqua non è stata messa in condizioni di lavorare bene proprio da molti di quegli stessi politici che adesso la giudicano fallimentare e inadeguata e auspicano il passaggio delle consegne ad altri organismi, meglio se privati.
– Non è un segreto che l’attuale presidente della Provincia nonché sindaco di Imperia, nonché commissario Ato idrico, abbia espresso pubblicamente l’intenzione di privatizzare il servizio, definendo Rivieracqua “un bidone”;
– il servizio funziona male e deve essere ammodernato: devono essere effettuati necessariamente il raddoppio del Roja e altri interventi sulle reti principali, sugli acquedotti e sulle fognature. Tutti costi che devono essere sostenuti dallo Stato;
– se un privato subentrasse a Rivieracqua a lavori avvenuti (e pagati con i soldi pubblici) non solo non spenderebbe un euro ma avrebbe da guadagnare senza aver rischiato di tasca propria.
L’acqua è un bene pubblico la cui gestione deve rimanere pubblica, secondo il desiderio espresso dagli italiani nel referendum del 2011. Imperia Rinasce grida con forza che questo referendum deve essere rispettato e Rivieracqua deve essere messa in condizioni di dare un servizio eccellente ai cittadini.
I debiti accumulati in questi anni da Rivieracqua, pari a 80 milioni di euro, sono per la maggior parte legati all’aumento folle del costo dell’energia elettrica, considerato che tutta l’acqua che parte da Ventimiglia e arriva nelle nostre case è mossa da enormi pompe, così come le fognature e i centri per la depurazione delle acque. La soluzione per sanare questi debiti esiste ma questa politica e il presidente della Provincia nonché commissario Ato sembrano non coglierla. I soldi che mancano si possono infatti trovare stipulando con le banche dei mutui basati su una restituzione certa che è quella delle bollette di ogni cittadino. Le bollette dei cittadini potrebbero fungere quindi da garanzia per ottenere delle sovvenzioni bancarie.
Ci stupiamo infine che alcuni sindaci dell’imperiese e zone limitrofe, Andora inclusa, ritengano che la responsabilità della situazione attuale sia di Rivieracqua e non della politica, come se ignorassero i passaggi che abbiamo appena ricostruito; così come ci sembra assurdo che in Italia sia possibile commissariare per la sua inefficienza un ente come l’Ato idrico, che aveva la responsabilità del coordinamento e della pianificazione del servizio idrico integrato, che è in capo alla Provincia (il cui presidente è Scajola), e affidare allo stesso presidente (Scajola) le funzioni di Commissario straordinario con il compito di intervenire per sanare le inefficienze poste in essere da lui stesso. (Funzione per la quale incassa 97.437,67 euro l’anno dalla Provincia di Imperia)”.