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La cannabis light è dal 2016 una delle più recenti novità nel panorama agricolo italiano, che ne permette la coltivazione in filiera.

Il 2 agosto un emendamento del governo al DDL Sicurezza emanato dal governo Meloni propone di proibire l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, delle infiorescenze della canapa, assieme a tutti i prodotti derivati. L’emendamento è stato successivamente poi chiarito dal Dipartimento Ministeriale per le politiche antidroga, lo scorso 10 di settembre.

Da allora in Liguria, come i tutta Italia vi è molta apprensione fra gli operatori che lavorano nel settore, considerato in crescita, che in Liguria, secondo Confagricoltura conta oltre 1 milione di euro di produzione lorda.

Si tratta di una battaglia ancora in corso. L’11 settembre il TAR del Lazio ha sospeso per la seconda volta il decreto firmato dal Ministro Orazio Schillaci, in vigore dal 5 agosto, che aveva aggiornato le tabelle delle sostanze psicotrope e stupefacenti inserendovi anche i prodotti a base di Cbd per uso orale estratti dalla cannabis.

I lavoratori che compongono l’intera filiera, dalla coltivazione alla distribuzione al commercio, considerano l’emendamento una questione di puro posizionamento politico, privo di fondamento scientifico e contrario alle norme di libero commercio dell’Unione Europea.

Abbiamo fatto una panoramica della situazione con Maurizio Salvatore, commerciante di Sanremo, titolare del negozio Canapaland e membro dell’Associazione Canapa Sativa Italia. L’organizzazione, di rilevanza nazionale, rappresenta attivamente la filiera produttiva della cannabis light ai tavoli tecnici di confronto.

“Abbiamo da poco vinto al TAR per le composizioni ad uso orale dell’olio CBD. Il giudice ci ha dato ragione e hanno sospeso il decreto ministeriale”, commenta Salvatore. “A dicembre avremo le motivazioni della sentenza per poi concentrarsi sulla questione del DDL. Qualcuno in politica ha pensato di fare qualcosa che va contro le norme europee. La cosa paradossale è che se anche entrasse definitivamente nel DDL, il problema vero è che non fermerebbe il mercato delle infiorescenze di canapa light, in quanto potremmo acquistarlo all’estero a livello europeo. L’unica cosa che si otterrebbe è fermare le coltivazioni dei produttori agricoli italiani. Il che è assurdo, in quanto non si tratta di prodotti con principio drogante e non presentano rischio per la salute pubblica. Anche l’OMS la considera sana. Per questo i giudici ci danno ragione. Finché lo Stato, o chi per lui, non porterà prove scientifiche che questo prodotto comporti rischi per la salute pubblica il giudice darà sempre ragione a noi. Si tratta di un provvedimento ideologico per fare presa su alcuni elettori, magari poco informati”.

Salvatore offre poi una prospettiva sulla salute del settore sia a livello provinciale che nazionale, analizzando anche il posizionamento del mercato italiano della cannabis light in ambito europeo.

“Le aziende in provincia sono tantissime. Qui nell’imperiese ci sono almeno 70-80 aziende. Poi c’è da dire che cambiano di anno in anno in quanto molti hanno provato negli anni scorsi, accorgendosi poi che non era una cosa così semplice come pensavano. Poi ci sono i distributori, i negozi, un’intera filiera. In tutta Italia ci sono più di 2.500 aziende, 15mila operatori del settore. Peraltro si tratta di uno dei pochi settori in crescita. Non solo, noi siamo i primi esportatori in Europa. La cannabis light italiana è una delle migliori per una serie di fattori, che possono essere tecnici, climatici e per la preparazione complessiva ottima dei coltivatori del nostro Paese”, conclude.

Nel video servizio a inizio articolo l’intervista completa a Maurizio Salvatore.