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“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. Ricordate questa celebre frase pronunciata da Massimo D’Azeglio, ex primo ministro del regno di Sardegna, politico, patriota, artista, nato a Torino nel 1798, per sintetizzare la realtà, soprattutto il desiderio e la necessità che il popolo tricolore, geograficamente e politicamente finalmente unito dovesse cominciare sul serio a cancellare le differenze regionali ed iniziare a costruire un futuro, un Paese doverosamente unito. Nell’azione, nella realtà, nel pensiero.

Sanremo, grazie ad una recente sentenza del TAR della Liguria (Tribunale Amministrativo Regionale) che, accogliendo parte del ricorso presentato dall’ex presidente Afi (Associazione fonografici italiani) e director managing discografia JE Sergio Cerruti sostanzialmente dice che Palazzo Bellevue, visto che il contratto di esclusiva con la Rai scade tra pochi mesi, dal 2026 in poi può organizzare liberamente, aste, scegliere altre Tv italiane, straniere, firmare con società, partners ritenuti migliori per la città dalle proposte avanzate dai big di Viale Mazzini.

Un divorzio clamoroso visto che dal 1951 ad oggi è sempre stata la Rai a firmare ed organizzare i 74 Festival della canzone italiana, prima al Casinò, poi all’Ariston. Se tra Roma e la città dei fiori non si trovasse un accordo il Festival che si svolgerà all’Ariston dall’11 al 15 febbraio 2025 sarà l’ultimo targato Rai. Sanremo, paradossalmente, con la sentenza del TAR Liguria si trova in qualche modo a dover fare scelte importanti, fondamentali per il turismo, molto simili a quelle del 1800 quando grazie ad illuminati personaggi locali, ma soprattutto di altre regioni, piemontesi, lombardi, anche stranieri, ha scoperto il business del turismo.

Si sono costruiti grandi alberghi, è arrivata gente benestante alla ricerca di clima mite, del mare, del sole, come ha scritto Goethe “del profumo dei limoni”. Si è abbandonata poco a poco l’agricoltura, le coltivazioni nei campi, la pesca, si sono aperti negozi, si è dato spazio alla floricoltura, all’olio d’oliva. Nessuno si deve offendere ma prendendo in prestito le parole di D’Azeglio “Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”, “Fatta Sanremo bisogna smettere di fare solo o principalmente i bottegai”. Facciamo impresa. Basta tirare alla sera i cassetti, prendere gli incassi e stop. Apriamo di più porte, cervello, fantasia al mondo imprenditoriale, osiamo, viaggiamo. Perché devono costruire, e fare super cassa, quasi sempre chi arriva da fuori?

Visto che Sanremo per motivi noti, scarsamente noti, volutamente ignoti, per colpa di pubblici amministratori poco seri, da condannare, o da persone non all’altezza (da biasimare non loro ma chi li ha messi in lista e chi li ha votati ugualmente) non perdiamoci quest’ottima occasione che arriva, quasi miracolosamente da “Genova matrigna”.

L’intervista all’ex sindaco Davide Oddo, per dirla con la locuzione latina “qui habet aures audiendi, audiat” è molto chiara “chi ha orecchie per intendere, intenda”. Non è un caso che la si incontri spesso anche nei Vangeli. Piaccia o non piaccia. Può aiutare a pensare.