In vista del 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne), Regione Liguria ha avviato una campagna, in collaborazione con le Aziende di trasporto pubblico locali, per sensibilizzare tutti i viaggiatori dei bus urbani e extraurbani liguri. Gli autobus, brandizzati con un bollino di colore rosso sui sedili e con lo slogan sulle fiancate “Qui non c’è posto per la violenza” saranno 10 extraurbani, 10 urbani e uno decorato integralmente a Genova, 6 ad Imperia, 8 a Savona e 6 a La Spezia. Gli autobus, che stanno già circolando in tutto il territorio ligure, il 25 novembre saranno anche presenti in piazza De Ferrari a Genova, in piazza Mentana (davanti al Teatro Civico) a La Spezia, in piazza Mameli a Savona, in Largo Nannolo Piana a Imperia.
“Il nostro obiettivo – ha spiegato il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti – è quello di prevenire la violenza di genere e di diffondere al contempo la cultura della legalità e del rispetto dei diritti, facendo scendere in campo le istituzioni che dovranno avere sempre di più un ruolo di primo piano per assicurare un sostegno alle donne che subiscono atti di violenza, consentendole di recuperare la propria autonomia, materiale e piscologica. Vogliamo tutelare tutte le donne, fuori o dentro la famiglia e questa campagna è volta alla sensibilizzazione di un tema che purtroppo continua ad essere troppo attuale. Ogni piccolo gesto sensibilizzazione può permettere ad una donna di salvarsi”.
“I recenti fatti di cronaca ci dicono come il tema della violenza sulle donne sia ben distante dall’essere debellato – ha dichiarato l’assessore alle Pari Opportunità Simona Ferro-. Anzi vediamo che dopo il lockdown c’è stata una decisa recrudescenza ed è per questo che abbiamo pensato ad una campagna di sensibilizzazione che sia protratta nel tempo perché, come avevo promesso, il tema della violenza non si affronta un giorno l’anno, ma deve essere trattato come una vera e propria emergenza quotidiana”.
“Esprimo soddisfazione per l’organizzazione di una campagna così importante con la collaborazione di tutte le aziende di trasporto locale della Liguria – dichiara l’assessore ai Trasporti Gianni Berrino –, una campagna che si protrae nel tempo e che consentirà di sensibilizzare molte persone. Sui nostri autobus ogni anno viaggiano centinaia di migliaia di persone che saranno appunto sensibilizzate sul tema della violenza sulle donne e questo conferma come il trasporto pubblico locale sia vicino alle esigenze di tutti i liguri”.
“Sono convinto che campagne come questa siano indispensabili – spiega l’assessore alle Pari Opportunità del Comune di Genova Giorgio Viale – perché alcune persone non hanno ancora ben chiaro in testa che molestie e violenze siano solo due facce della stessa orribile medaglia. La campagna però diventa importante non solo sotto il punto di vista della sensibilizzazione, ma anche da quello della comunicazione perché metterà a disposizione delle donne, in maniera discreta anche per evitar loro di aggravare situazioni magari già borderline, di poter acquisire informazioni sui centri antiviolenza più vicini ai quali chiedere aiuto”.
“La violenza contro le donne è, purtroppo, un tema ancora di stretta attualità. La campagna di sensibilizzazione avviata da Regione Liguria – dichiara l’assessore alla mobilità integrata e ai trasporti del Comune di Genova Matteo Campora – insieme alle aziende liguri di trasporto pubblico locale, tra cui AMT, può dare una spinta ulteriore alla lotta contro una piaga purulenta della nostra società che deve vederci uniti nel difendere le donne da ogni forma di sopruso, valorizzando allo stesso tempo il loro fondamentale ruolo nella società, nel lavoro e nella famiglia”.
“Quanto avviene a volte sui nostri mezzi è purtroppo specchio di alcuni limiti della nostra società – racconta Marco Beltrami, presidente AMT -; abbiamo aderito con entusiasmo alla proposta della Regione di questa campagna proprio perché vogliamo veramente che il trasporto pubblico sia un posto sicuro, più sicuro, per le donne e in generale per tutti. Facciamo formazione, abbiamo telecamere e procedure organizzative per intervenire ogni volta che si presenta un problema, ma è fondamentale l’attenzione di tutti e una sensibilizzazione diffusa”.
I dati relativi al 2020 hanno confermato il trend degli anni precedenti che vede una progressiva, seppur lenta, diminuzione del numero delle donne che si sono rivolte ai Centri e delle conseguenti prese in carico per l’elaborazione di un percorso personalizzato di uscita dalla violenza. La diminuzione di accessi durante il lockdown è però stata compensata nella seconda metà dell’anno da un aumento degli accessi che è continuato anche nel 2021. Delle 801 donne prese in carico dai Centri Antiviolenza, in più del 87% dei casi è poi seguita l’elaborazione di un percorso personalizzato di uscita dalla violenza. Le donne che si sono rivolte ai Centri nel corso del 2020 sono per il 31% donne tra i 40 e i 49 anni, a cui segue il 24% di quelle nella fascia 30-39, con un andamento pressoché assimilabile a quello degli anni precedenti. L’analisi della nazionalità delle situazioni in carico ai Centri Antiviolenza conferma una maggioranza di donne italiane, percentuale in aumento rispetto all’anno precedente (71% sul totale del 2020, contro il 65% del 2019). Le donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza hanno, in genere, un grado di istruzione medio-alto. Si tratta di un elemento che sovente non viene rilevato (231 schede su 801 – 29%), ma i dati disponibili confermano che, tra le situazioni seguite, le donne che si sono fermate all’obbligo scolastico o prima sono in netta minoranza rispetto alle diplomate e alle laureate (in totale il 47%). Questo dato sicuramente conferma il carattere trasversale della violenza di genere, che non colpisce solo strati di popolazione in situazione di marginalità sociale, ma anche famiglie in cui la donna ha gli strumenti per essere consapevole dei propri diritti e dei comportamenti che costituiscono reati
Dal punto di vista della situazione lavorativa, il 36% delle donne dichiara di essere occupata in forma stabile, mentre il 20% è disoccupata, in cerca di nuova occupazione. Occupata in forma saltuaria/precaria o con un lavoro informale il 14% delle donne; solo nel 6% dei casi si tratta di studentesse.
In 129 casi, ben il 16% del totale, più del doppio rispetto al dato del 2019 la donna riferisce di essere stata vittima di violenza mentre si trovava in stato di gravidanza.
Tendenzialmente le donne prima di rivolgersi a un Centro Antiviolenza, preferiscano parlarne con parenti, amici e/o conoscenti. Nella grande maggioranza dei casi seguiti, la vittima di violenza è madre. La letteratura ha dimostrato che, anche laddove non presenti al momento dell’atto violento, i bambini ne percepiscono i segni: vedono i lividi o i mobili rotti, ascoltano le liti, captano il clima di paura e ne subiscono le conseguenze traumatiche. Da quanto riferito dalle madri, sembrerebbe sostanzialmente invariato il numero dei figli che hanno essi stessi subito violenza (103 nel 2019, contro i 100 del 2020), mentre risulta essere in salita il numero dei casi di violenza assistita ai danni della madre (43% dei casi).