“… E tu di che colore sei? Tea è un po’ confusa: ci sono bambini bianchi, bambini neri, bambini gialli… e allora? Che c’è di strano? anche i calzini sono di tanti colori diversi, ma nessuno ci trova nulla di male”.
È esattamente questo il testo che troviamo, in una nota piattaforma di merchandise, per descrive il libro per l’infanzia di Silvia Serrelli, edito da Giunti, che sensibilizza contro il razzismo.
Quest’ultima, fondamentale, tematica ha poco a che fare con quanto vissuto ieri, ma il titolo del testo e soprattutto la confusione provata dalla piccola Tea ricordano, non poco, quanto capitato ai liguri in attesa di comprendere l’ennesimo dpcm. La differenza sostanziale, purtroppo, è che quella che stiamo vivendo non è una favola, ma la dura realtà nella quale, da mesi a questa parte, non sembra esistere più alcuna certezza.
Facciamo un passo indietro. Martedì 3 novembre. È tarda sera quando il governatore ligure Giovanni Toti, nel consueto punto stampa sui dati covid-19, dichiara: “Liguria in zona rossa di alto rischio? Non lo escludo”. In realtà la sensazione, quasi certezza data da: bozze, indice rt, anticipazioni è che a noi liguri toccherà il colore arancione. Con questa convinzione, che sembra solo da confermare, ci risvegliamo mercoledì 4 novembre.
I quotidiani nazionali rilanciano con il dpcm firmato nella notte dal premier Conte e continuano, tutti, a classificare la Liguria in zona arancione. Noi, giornalisti locali, con meno possibilità di contatti ma con eguale impegno, facciamo le nostre verifiche. “Lavoriamo sulla Liguria in zona arancione, manca solo l’ufficialità“. Questa la frase che riecheggia in prima mattina nei corridoi di Riviera Time e così, in buona fede, facciamo. Vi parliamo di bar e ristoranti costretti, con ogni probabilità, a una nuova chiusura.
Scriviamo del ritorno dell’autocertificazione come inseparabile compagna anche fuori dal coprifuoco. Negli occhi e nei pensieri degli esercenti di Taggia, di cui vi abbiamo appunto raccontato ieri, si legge il timore di dover tirare giù le serrande alle 18 e riaprirle chissà quando. Forse il 3 dicembre, nella rassegnazione che è diventata un’abitudine, che a chiamarla così suona male davvero, di chiudere e riaprire, riaprire e richiudere, distanziare e avvicinare dalla sera alla mattina dopo. Intanto tra i palazzi romani e genovesi proseguono vertici, riunioni e confronti colorati.
Sono le 18.50 circa quando arriva la beffa, di cui diamo puntualmente notizia.
“Ho appena parlato con il Ministro della Salute Roberto Speranza, domani ci confronteremo sul posizionamento della Regione Liguria rispetto alle fasce di rischio del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Pertanto, le misure aggiuntive di contenimento al Covid nel nostro territorio, entreranno in vigore nella giornata di venerdì. Entreranno invece in vigore da domani le normative riguardanti tutto il territorio nazionale, primo tra tutti il divieto di circolazione tra le ore 22 e le 5”. A scriverlo ancora una volta il presidente Toti via Facebook, ormai da tempo mezzo di comunicazione ufficiale di tante istituzioni pubbliche.
Passa un’ora e mezza circa. Alle 20.20, più preciso che mai dall’inizio di questa pandemia, ecco il premier Conte in diretta. Preambolo iniziale sulla situazione difficile che sta attraversando il Paese e snocciolamento delle zone e dei rispettivi colori: “La Liguria sarà in zona gialla, rimangono dunque aperti bar e ristoranti fino alle 18. Le misure del nuovo dpcm, tutte comprese quelle nazionali, saranno in vigore da venerdì”.
Si aprono a questo punto due ipotesi sul precedente post di Toti:
a) nell’ora e mezza che lo ha separato dalla conferenza di Conte è stato completamente ribaltato da trattative serrate che hanno portato la Liguria al salto, con esultanza generale inutile negarla, da arancione a giallo.
b) Il post è stato scritto dallo stesso collaboratore e gestore dei social presidenziali che, erroneamente, alcuni giorni fa aveva definito gli anziani, tristemente morti per il covid-19: “… non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”.
Scherzi a parte la Liguria è ufficialmente diventata gialla, o meglio lo sarà da venerdì. Un arcobaleno confusionario di colori che ha tratto in inganno tutti, noi compresi e di questo ci scusiamo. Un mix che nel giro di 24 ore, a fronte di numeri crescenti, è via via sbiadito dal possibile rosso al giallo. Per inciso va detto che quest’ultimo doveva inizialmente essere identificato con il verde, per completare il quadro, ma è poi stato trasformato in giallo dai tecnici specializzati per non portare all’abbassamento della guardia nella lotta contro il covid.
Dopo due giorni paradossali di incertezza possiamo dunque dirlo: “Siamo gialli”. Potremmo diventare arancioni, in caso di peggioramento della situazione epidemiologica basata su 21 indici tecnici, e iniziamo già a temere i rossi pronti a barricarsi nelle seconde case dell’area gialla. Un semaforo triste a tre luci, senza il verde appunto, che ognuno di noi, in cuor suo, spera di veder spento il prima possibile.