Genova e Marsiglia, porte aperte sul mondo, due città, due lingue, un solo mare. Mediterraneo, incontri e scontri di civiltà, acqua che unisce, acqua che divide, oggi anche immenso cimitero a cielo aperto, crimine di pace, vergogna del mondo.
Fabio Montale e Bacci Pagano, due detectives, poliziotto l’uno e investigatore privato l’altro, entrambi disillusi, amanti della pesca e del buon vino. A leggere le loro storie sembrano agire in ambienti urbani intercambiabili: Libeccio e Mistral, il Panier, il Vieux-Port, Caricamento e la città vecchia, il Levante genovese e Les Goules, la Corniche, l’Estaque, Albaro e la circonvallazione a monte, crêuze, caruggi e scalinate. Insomma i quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ma anche gli altri paraggi. Valide per entrambi le colonne sonore che inevitabilmente riecheggiano nella mente del lettore: Fabrizio De André e Gianmaria Testa… Eppure lo sapevamo anche noi / l’odore delle stive / l’amaro del partire / lo sapevamo anche noi / e una lingua da disimparare e una da imparare in fretta.
Bruno Morchio e Jean Claude Izzo, un genovese ancora attivo e un marsigliese, figlio di un immigrato italiano e di una francese di origine spagnola, che ci ha lasciato nel 2000. Due autori uniti non da storie simili ma da un sentire comune, da quello che vogliono comunicare, dall’intransigente rifiuto di ogni forma di razzismo e dall’elogio del meticciato.
Una volta Izzo ha detto di scrivere in nome di un Mediterraneo azzurro contro un Mediterraneo nero e oggi, mentre il nostro mare rischia di essere soffocato dalle convergenti maree nere della xenofobia e del fanatismo religioso ben vengano persone come questi due autori a ribadire, anche nel contesto di un romanzo poliziesco, quella profonda verità che uno dei più autorevoli antropologi viventi, James Clifford, qualche anno fa pose a titolo di un suo lavoro: i frutti puri impazziscono.
Francesco Sarchi