Luca Garibaldi, consigliere regionale del Partito Democratico, interviene con un comunicato stampa sulle dinamiche che hanno portato alla candidatura di Ferruccio Sansa alla carica di presidente.
“È stata una settimana densa di notizie e di novità per la politica regionale. Dopo una vicenda molto lunga, e un confronto che ha messo a dura prova la pazienza degli elettori del centrosinistra e di chi chiede la costruzione di una alternativa a Toti, mercoledì scorso la coalizione PD-Campo Progressista e Movimento Cinque Stelle ha concluso l’intesa e individuato il candidato presidente e garante del programma in Ferruccio Sansa.
E’ stata una trattativa lunga, a tratti difficilmente comprensibile, in cui spesso le motivazioni del confronto hanno fatto passare in secondo piano le proposte, i progetti, il perché di questo accordo. Valori e progetti che sono stati condivisi in questi mesi, dal lavoro alla green economy, dalla sanità pubblica all’innovazione. Lo dico con sincerità, abbiamo anche da recuperare, oltre a molto tempo speso nella definizione di questo accordo, anche un clima di fiducia e di credibilità nella nostra proposta, messa a dura prova dalle fibrillazioni di queste settimane. Ho, come tutti, le mie opinioni sui limiti e gli errori di questa fase, ma ora si è in campo e bisogna giocare. Poi ci sarà tempo per le analisi. Da ora, si può partire. Mancano due mesi al voto del 20-21 settembre, e mi permetto di fare ad alta voce alcune considerazioni su quello che penso sia la partita in gioco. La Liguria, lo dico spesso, è un laboratorio di quello che può essere l’Italia nei prossimi decenni.
Ancora più a causa del COVID, bisognerà capire che direzione bisognerà intraprendere: se quello della conservazione, del ritorno a come si era prima, o quella del cambiamento, che consenta di dare un futuro più sicuro, per tutti e non per pochi. E il futuro più sicuro dipende dal saper affrontare le sfide del lavoro che cambia, della digitalizzazione, del cambiamento climatico, dei beni comuni. Sembrano parole astratte ma hanno impatti in concreto: la green economy significa nuovi posti di lavoro, digitalizzazione significa una amministrazione veloce e più efficiente, dove non ci si perda in code e in infiniti balletti; beni comuni significa un’offerta sanitaria a misura di persona, servizi nuovi per le famiglie e politiche attive contro le solitudini. Se uno ripercorre questi cinque anni della Giiunta Toti, non c’è un indicatore di crescita, non c’è un progetto di rilancio di lungo periodo: si è galleggiato. Le differenze sono aumentate e il COVID rischia di aumentarle ancora di più: tra i pochi che ce la fanno e i tanti che rischiano di soccombere.
Toti è stato in questi anni il teorico di questa decrescita “felice” per pochi e “infelice” per tutti gli altri. Una destra che vive e alimenta le disuguaglianze. Che è forte con i deboli, e debole con i forti. L’alternativa è tra chi vuole continuare in questa direzione o chi vuole cambiare radicalmente per costruire un futuro più giusto per tutti.
Questa è la sfida, di radicale alternativa: liberare le energie, fare rete, costruire comunità e solidarietà, trasparenza e velocità.
Leggo con dispiacere che alcune forze – che quel programma lo hanno scritto e si erano detti pronti a garantirlo se candidati a guidar la coalizione – abbiano scelto di rompere il fronte dell’unità delle forze progressiste e alternative a Toti, indebolendo quella proposta, che ritengo necessaria per la Regione di domani.
Lo ritengo un errore, perché il confronto reale sarà solo tra le due proposte che possono competere, non su altro che si costituisce, volente o nolente, come un ostacolo al cambiamento: come diceva il buon Lenin, “Chi non sta da una parte o dall’altra della barricata, è la barricata.”