A due settimane dall’ultima intervista, abbiamo contattato la professoressa Mara Lorenzi, di seguito le sue riflessioni.
Il 18 marzo, lei ci ha presentato una prospettiva sul nuovo Coronavirus e su come la ricerca si sarebbe impegnata a fornire strumenti per combatterlo. Vuole darci un aggiornamento su come vede evolversi la situazione e quali novitĂ importanti sono venute a galla in queste due settimane per vincere la battaglia contro COVID-19?
“In soli 15 giorni abbiamo visto tanti passi avanti, in campi diversi. Il primo passo avanti è il buon risultato dell’esperimento che abbiamo fatto tutti insieme: chiudere tutto e stare a casa per contenere la diffusione del virus e prevenire il collasso del sistema sanitario. Questi ultimi giorni ci dicono che i numeri del contagio stanno iniziando a diminuire. Ma c’è un dato dell’esperimento che merita attenzione. In Italia il tasso di mortalitĂ (numero dei decessi diviso per il numero di casi confermati) è quasi il 12%, il piĂą alto tra tutti i Paesi monitorati sul sito dell’Organizzazione Mondiale della SanitĂ (OMS). Nella maggioranza degli altri paesi la mortalitĂ si aggira sul 4-6%, e non si può non notare l’1% in Germania, l’1.5% in Sud Corea e il 2% negli USA (malgrado il non-inclusivo e frammentato sistema sanitario USA).
Per poterci muovere con fiducia verso una riapertura della societĂ , è doveroso almeno chiederci perchĂ© un tasso di mortalitĂ così elevato in Italia. Scelgo l’ipotesi, ragionevole e verificabile, che in Italia ci sia stata un’ingente sottovalutazione del numero delle persone contagiate. Non tutte le persone con sintomi sono state testate con il tampone: i reagenti erano scarsi, e soprattutto c’è stata mancanza cronica di dispositivi per la protezione personale. Questi due fatti hanno facilitato il contagio negli ospedali e limitato l’interazione dei medici con il territorio. Cosi, molti casi di malattia lievi o moderati si sono consumati in casa senza una diagnosi confermata, contagiando i familiari e senza permettere di tracciare l’origine del contagio. Il numero delle morti rimane tremendo, ma se i test degli anticorpi avvaloreranno l’ipotesi di un esteso “sommerso” di infezioni guarite, sapremo che l’Italia ha vissuto un’epidemia almeno doppia di quella ad oggi misurata e con una mortalitĂ in linea con l’attuale media globale OMS del 5%.
Ma voglio ricordare che la carenza di dispositivi di protezione personale è stata un problema non solo in Italia: il 27 marzo 2020 il Direttore Generale dell’OMS ha dichiarato che “la carenza di tali dispositivi a livello globale è tra le minacce piĂą urgenti alla nostra abilitĂ collettiva di salvare vite umane”. Una grave constatazione che deve diventare monito per il futuro. Intanto è auspicabile che in queste settimane di aprile in cui il contagio continuerĂ ma a ritmo progressivamente ridotto, tutto il personale sanitario sia dotato della protezione personale necessaria, sia fatto il tampone a tutte le persone sintomatiche, e sia fatto ai sanitari il test per gli anticorpi”.
Quando e come si potranno allentare le attuali misure di isolamento in modo sicuro?
“Indicazioni ben ponderate vengono da un secondo passo avanti fatto in questo periodo: le “road maps” elaborate da gruppi esperti internazionali (ad esempio l’American Enterprise Institute) per aiutare i governi nella pianificazione delle fasi della risposta al COVID-19.
Per passare dall’attuale fase 1 di contenimento alla fase 2 di riapertura graduale della società , gli esperti chiedono (1) una riduzione dei casi progressiva e sostenuta per almeno 14 giorni, (2) la certezza che gli ospedali sono in grado di trattare tutti i pazienti senza ricorso a protocolli di emergenza, e (3) la capacità di testare tutte le persone che hanno sintomi suggestivi di COVID-19, e di monitorare attivamente i contatti dei confermati positivi. Quindi una situazione controllata, dove il virus non circola più diffusamente, e l’organizzazione sanitaria è pronta a curare bene, e circoscrivere immediatamente, le eventuali nuove infezioni.
In base all’attuale andamento dei contagi, la fase 2 potrebbe iniziare in Italia tra la metĂ di aprile e l’inizio di maggio, e magari non allo stesso momento in tutte le regioni. Si dovranno mantenere attive varie misure di distanziamento sociale, l’attenzione all’igiene delle mani e delle superfici, e l’uso delle mascherine in pubblico. In questa fase ci si aspetta di poter usare i risultati di altri due passi avanti: trials clinici per farmaci antivirali, e test veloci per misurare  l’immunitĂ al COVID-19 a livello di popolazione. Questi due strumenti forniranno informazioni vitali”.
Ci dia almeno un accenno sugli antivirali e sui tests sierologici.
“Per i farmaci antivirali c’è una bella notizia: tra il 20 e il 22 marzo l’OMS e INSERM hanno lanciato grandi trials clinici randomizzati, dove cioè un meccanismo di decisione a caso assegna i pazienti (che hanno accettato di partecipare al trial) ad uno dei 4 farmaci da testare oppure alle cure standard. Il paragone con le cure standard elargite in parallelo è il modo piĂą definitivo di documentare se un farmaco è davvero capace di ridurre o minimizzare i sintomi di COVID-19; cosi si potrĂ usarlo conoscendo il bilancio benefici/pericoli. Dovremmo avere qualche indicazione sui risultati tra 6-8 settimane. Oltre ai farmaci giĂ esistenti valutati nei trials, si stanno sviluppando farmaci nuovi: almeno 6 delle attivitĂ che il virus deve espletare per replicarsi con successo, sono nel mirino dei ricercatori. Â
Per mettere in prospettiva sia il passato che il futuro, dovremo valutare quale frazione della popolazione ha sviluppato anticorpi a SARS-CoV-2. Un test sierologico veloce era stato sviluppato in Cina, e l’OMS e altri laboratori ufficiali stanno ora valutando i kits piĂą affidabili. Una goccia di sangue su reagenti specifici ci aiuterĂ a scoprire (1) l’entitĂ del contagio nelle comunitĂ e a mapparla topograficamente, (2) quali persone possono esser considerate protette (anticorpi IgG), e (3) anche le occasionali persone che hanno sviluppato COVID-19 da pochi giorni (anticorpi IgM). Permettendo quindi di arginare il contagio da parte di persone ancora senza sintomi. Alcune regioni, tra cui la Regione Liguria, si stanno preparando a fare i test sierologici al personale sanitario. Ho offerto la mia disponibilitĂ alla Regione per attivare un programma di misurazioni a Bordighera”.
A quando il ritorno alla normalitĂ ?
“Diciamo subito che se SARS-CoV-2 mantiene la contagiositĂ odierna, si potrĂ tornare a una vita del tutto normale solo quando ci saranno uno o piĂą antivirali efficaci anche per la profilassi, o ancor meglio, un vaccino che metta la popolazione al sicuro. Ci sono ad oggi 53 vaccini allo studio. Perciò abbiamo fiducia, e investiamo generosamente nella ricerca”.