Mancanza di dispositivi adeguati, carenza di personale e preoccupazione per il sistema sanitario residenziale. Questi i principali punti di emergenza sottolineati dal presidente del distretto sociosanitario 3 Imperiese Luca Volpe a Riviera Time.
L’emergenza coronavirus sta infatti mettendo in seria difficoltà non soltanto il sistema sanitario ospedaliero, ma anche quello residenziale. Nelle provincia di Imperia sono purtroppo diverse le strutture che hanno già riscontrato casi di positività al covid-19 e che, al tempo stesso, si trovano senza gli adeguati strumenti per combatterlo.
Presidente Volpe un momento complicato per tutta la sanità, ciò che lamentate è soprattutto la mancanza degli adeguati strumenti di protezione per gli operatori. Le attese forniture sono arrivate?
“Nel sistema sanitario, soprattutto nei reparti come Infettivologia, Rianimazione o altri, vi era una scorta di protezioni adeguate, ormai esaurita, già in partenza mentre per le strutture residenziali non c’è mai stata – esordisce Volpe.
Avrebbero dovuto arrivarci delle forniture che, in realtà, non sono arrivate se non in forma ridotta e non idonee a protezioni più performanti di cui i nostri operatori hanno bisogno. Purtroppo le ormai famose mascherine FFp2 o FFp3 non esistono più sul mercato e, seppur brutto anche solo dirlo, ci sono commercianti che stanno approfittando di questa situazione con carichi che si bloccano o hanno prezzi esagerati e poi non arrivano. Il punto è che in questo momento non sono ancora arrivati i dispositivi che era auspicabile arrivassero. Stiamo aspettando la Regione, la Regione il Governo ma in generale è una catena che non sta funzionando”.
Emergenza seria che si sta propagando rapidamente anche nelle case di riposo e in altre strutture della provincia, nonostante le chiusure messe in pratica…
“Quello delle strutture residenziali è il sistema più fragile che possa esserci in sanità. Perché gli ospiti sono fragili di per sé – spiega il presidente. È dunque chiaro che se il virus si affaccia è difficile contenerlo. Va detto però che normalmente non vengono fatti tamponi nelle case residenziali. Nonostante ciò non appena i pazienti presentato i sintomi del virus vengono assistiti come potenziali covid positivi, dunque messi in isolamento, trattati con materiale monouso e quant’altro secondo i protocolli stabiliti.
Il picco nelle strutture residenziali non c’è ancora stato, e non si sta ancora palesando perché le avevamo già chiuse venti giorni fa – precisa. Gli ospiti delle strutture sono stati da subito protetti, ma purtroppo il veicolo del virus è l’operatore stesso, magari asintomatico, che porta il contagio all’interno della struttura. Anche qui si diceva che sarebbe stato fatto il tampone a tutti gli operatori sanitari, ma anche in questo caso non ne stiamo vedendo”.
A proposito di operatori un altro problema risulta essere legato al numero del personale. È così?
“Sì. Se gli operatori del sistema contraggono qualsiasi malattia, non solo il covid, o non possono per qualche ragione andare a lavorare non esiste ricambio o sostituzione. In più si sono innescati, per far fronte all’emergenza, dei meccanismi che hanno portato a ‘sfilare’ personale dal sistema residenziale per portarlo in quello ospedaliero, ma la coperta è corta. In questo momento più che mai serve essere un unico sistema unito per combattere questa pandemia”.
Come distretto sociosanitario cosa chiedete nell’immediato e per il futuro?
“Urgentemente chiediamo protezioni adeguate per gli operatori e le persone fragili che ospitiamo. Il sistema in questo momento è inceppato, ma purtroppo se continua a essere così rischiamo veramente di avere dei picchi anche nelle strutture residenziali. Qui il possibile contagio è spostato di quindici, venti giorni in avanti rispetto al mondo civile perché da subito, come detto, abbiamo chiuso le strutture ai parenti. Per il futuro credo che, una volta terminata questa emergenza, sia opportuno rivedere il sistema sanitario residenziale in modo che sia univoco, senza campanili, e con la possibilità di mutuo soccorso al suo interno.
Per ora stiamo a casa e seguiamo le regole che ci hanno imposto, non è assolutamente possibile che continuino dei comportamenti poco idonei, per non dire altro, con tante persone che stanno soffrendo”.