Dal viaggio di una legione di eroi
Ebbene sì: dopo sei lunghissimi mesi di scuola, giunge per gli studenti uno dei momenti più attesi dell’anno scolastico: la commemorazione delle Idi di marzo del 44 a.C. Ma siccome Cesare è morto troppi anni fa, gli studenti del classico hanno ben pensato di dedicarsi a una rilassante gita scolastica nella zona carsica, per esplorare le più remote provincie dell’Impero.
Essendo stata abolita la schiavitù nella nostra Res Publica ormai da qualche anno e non disponendo pertanto di schiavi per il trasporto su lettighe, i prodi classicisti si sono trovati costretti a optare per un mezzo di locomozione più inquinante: il pullman a due piani. Tra i benefici di tale scelta si annovera la possibilità di assistere ad autentiche e feroci e cruente lotte tra gladiatori, al fine di conquistarsi la gloria, accaparrandosi le ambitissime postazioni al piano superiore, così da distinguersi maggiormente dalla volgar plebaglia che infesta pubblico suolo.
La studentesca legione, capitanata da sei autorevoli matronae, giunge così alla tappa intermedia, nota come Vicenza. Avendo fallito nel tentativo di espugnare il Teatro Olimpico, l’allegra comitiva, dopo aver trovato ristoro in barbari luoghi (Slovenia), si dirige verso lo strategicamente rilevante porto di Trieste per approfondire la conoscenza di personalità quali Umberto Saba, Italo Svevo, James Joyce. Particolarmente sorprendente il ritrovamento presso la libreria appartenuta a Saba di un’originale stampa ospitante la Divina Commedia in neanche un metro quadro, e dunque talmente illeggibile da essere facilmente attribuita a un professore di filosofia non meglio specificato. Scioccati dall’enorme quantità di giudizi di valore contenuti nell’opera, i discipuli vanno a dar sfoggio della propria cultura nel caffè letterario “Antico Caffè San Marco”.
Direttisi dunque ad Aquileia, poiché non avevano ricevuto notizia della sua decaduta e distruzione, i nostri eroi sono stati colti da profonda mestizia; sentimento questo accentuatosi nell’esplorazione della ridente cittadina di Gorizia, caratterizzata da un’allegria ed una vitalità pari a quelle del Pireo durante la peste di Atene.
Nel tentativo di emulare grandi eroi dell’epica classica quali Enea, Ulisse e il ragionier Fantozzi Ugo, tentano la discesa nel regno di Plutone (il cane di Topolone) presso le Grotte di Postumia. Continuando il suo viaggio oltre confine, la prode legione, dopo aver dato l’assalto alla capitale nemica, Lubiana, si ritira nell’accampamento, venendo però tradita dalla tecnologia: si sono infatti trovati chiusi fuori dalle proprie tende per il mancato funzionamento dei tesserini magnetici.
Ritornando nella nobil patria, i milites invadono Cividale del Friuli, facendo razzia di souvenirs e di provviste, prima di dirigersi a Redipuglia, allo scopo di commemorare i caduti.
Dopo una notte trascorsa in simposio a Portoroz, circondati da musiche e ludi dal dubbio gusto ellenico, gli eroi imboccano la via del ritorno, deviando per il Vittoriale, casa di Gabriele D’Annunzio, non ricordandosi purtroppo della sua triste dipartita. Con questo vuoto nel cuore, i legionari fanno infine ritorno nella loro terra natia, dove, cullati dal famigliare aroma di pinoli e torta verde, vengono accolti a braccia aperte dai loro concittadini.
Ufficio Stampa Liceo Cassini – Brusco, Gervasone, Marelli
Alla scoperta del gentil popolo siciliano
“I Siciliani vivevano come se fossero dovuti morire il giorno dopo, ma costruivano come se fossero dovuti esistere per sempre”. Ora, al posto di costruire templi destinati all’eternità, i Siciliani sono in grado di costruire rapporti sinceri con chiunque abbia la pazienza di decifrarne l’intricato dialetto. Nelle diverse tappe della gita siamo venuti a contatto con persone eccezionali e a rendere speciali quei giorni sono bastati il loro calore e la loro gentilezza.
Come il leggendario cameriere Tony, capace di coinvolgere e mettere a proprio agio anche quella mandria di ragazzi famelici e stanchi che eravamo durante la prima sera a Palermo: è bastato un “Commissario Montalbano sonno” per conquistare le risate e i cuori di tutti i presenti.
Durante la prima mattinata nella terra del Sole abbiamo camminato tra le vecchie case di Erice, un paesino di fondazione greca arroccato sul monte Caputo. Nell’intreccio di vie lastricate, si trova un bar gestito da due signori affettuosi: “nonna” Dina e “nonno” Salvo. Ci hanno offerto arancini, storie di viaggi, leggende, cannoli e scioglilingua, dimostrandoci come le tradizioni affondino in un passato lontano dal quale, però, dipende il futuro.
Il viaggio è continuato verso sud e, in mezzo agli ulivi di Agrigento, siamo stati testimoni dello splendore dei templi capaci di mostrare l’eccellenza e la fierezza del popolo che li ha costruiti. E’ in questo clima di omaggio che la guida, sorpresa dai nostri sguardi rapiti, ha ammesso di desiderare degli studenti curiosi e attenti come noi per raccontargli della bellezza che quelle “poche vecchie pietre” ancora mantengono, anche se ormai la cultura locale si sta spegnendo sommersa dall’indifferenza.
Sulla strada verso il duomo di Monreale ci ha catturato una melodia continua che ondeggiava, si arrotolava e subito cambiava aspetto senza lasciarsi afferrare appieno. E’ il potere del marranzànu, lo scacciapensieri, che rallegra e incuriosisce con il suo suono giocoso.
Il viaggio si è concluso con il ritorno a Palermo, da dove quello stesso giorno avremmo preso il traghetto. Qui, in mezzo alla strada, davanti a centinaia di persone che passavano incuranti di lui, c’era un musicista che, con la chitarra in mano, passava dai grandi del rock alle ninne nanne popolari. L’uomo diffondeva nell’aria una musica più forte del rumore dei clacson e delle sirene, riempiendo la strada di emozioni.
Ripensando alle esperienze vissute, ai paesaggi visti, ai cibi mangiati, alle risate e ai litigi, la cosa più bella che i Siciliani potessero fare per noi era dare un volto alle esperienze, un colore ai paesaggi e un gusto ai cibi. I ricordi che ci rimarranno sono tutti legati alla simpatia e alla semplicità, alla dedizione e al coraggio, alla poesia e alla leggerezza delle persone che abbiamo incontrato. Grazie a tutti voi.
Ufficio Stampa G.D. Cassini – Massa, Mastrantuono