E mentre l’Italia e i Paesi europei discutono sul caso Sea Watch, a Ventimiglia aumentano i numeri dei richiedenti asilo rimandati in Italia da altri Paesi comunitari a seguito del tanto discusso Regolamento di Dublino III, che prevede la presa in carico della domanda d’asilo da parte del primo Paese europeo d’arrivo.
“I dublinati stanno aumentando per due ragioni: intanto tutte le persone arrivate in Italia uno o due anni fa hanno esaurito il loro tempo di prassi nei Paesi esteri e vengono rimandati in Italia perché risulta essere il Paese competente per la loro richiesta di protezione internazionale secondo il Regolamento Dublino”, spiega Simone Alterisio, operatore della ONG ‘Diaconia Valdese’.
“Il secondo motivo – continua – è quello che non sempre l’Italia risponde in tempo alle richieste degli altri Stati e quindi, anche quando la competenza per alcune persone sarebbe decaduta, non rispondendo l’Italia, con il silenzio assenso, assume queste persone”.
Passati 12 mesi dalla data di attraversamento clandestino della frontiera, se il migrante in questione ha trascorso 5 mesi in un altro Stato membro, decade la responsabilità del primo Paese d’arrivo e il richiedente ha diritto di chiedere la protezione internazionale allo Stato in cui si trova. Diritto spesso negato. Stando quindi alle denunce di Simone Alterisio sono molti i migranti trasferiti in Italia, anche se la responsabilità del nostro Paese è già decaduta.
“Qui a Ventimiglia arrivano perché, giunti in aeroporto, vengono molto spesso lasciati a loro stessi, senza assistenza né supporto e per forza di cose arrivano a Ventimiglia, per riprovare a passare o arrivano al campo per provare a rimettere in piedi la loro situazione legale”, conclude.