Martedì 21 marzo, Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, a Ventimiglia come in molte altre città, si renderà omaggio alle vittime della criminalità organizzata leggendone il nome. Un elenco di quasi novecento nomi, per ricordare, come recita il sito di Libera, che “a loro ed alle loro famiglie dobbiamo la dignità dell’Italia intera”.
Per Placido e per tutti coloro che hanno dato la vita per i diritti dei più deboli, degli ultimi della terra, e per il pastore bambino Giuseppe che ha visto in faccia gli assassini e per questo è stato ucciso in ospedale con un’iniezione letale;
per Peppino che ci ha insegnato che la mafia non è mai più distante di cento passi, e coloro che dicono “la mafia da noi non c’è” sono solo la versione aggiornata di quelli che dicevano “la mafia non esiste”;
per Mauro, Pippo, Anna e tutti i giornalisti morti per aver scritto cose vere e, soprattutto, per aver raccontato come sono veramente le cose;
pe Giovanni, Rocco, Vito, Paolo, Antonio Carlo Alberto, Emanuela e tutti gli altri, poliziotti, carabinieri, giudici, servitori dello stato caduti nell’esercizio delle loro funzioni, come si dice nei comunicati ufficiali, ma preferisco dire sulle barricate in difesa della dignità umana;
per Pio, primo a proporre disegni di legge che prevedessero il reato di “associazione mafiosa” e la confisca dei patrimoni frutto di attività criminali;
per Mauro, che ha avuto giustizia dopo ventisette anni e una serie vergognosa di tentativi di depistaggio;
per Rosario, il giudice ragazzino, ucciso, come due anni prima il suo collega Antonino, sulla Statale 640 e per Pietro Ivano che trovatosi sul luogo del delitto non si è voltato dall’altra parte e sta pagando ancor oggi con l’isolamento e una vita da latitante il coraggio di avere puntato il dito accusatore contro l’assassino nell’aula bunker di Rebibbia;
per Libero e tutti coloro che alle richieste dei mafiosi hanno opposto le parole di Bartleby lo scrivano: preferirei di no;
per Rita che che si è tolta la vita perché l’ostilità della sua famiglia e del suo ambiente le avevano tolto la voglia di vivere e per vent’anni ha dormito il sonno dei giusti in una tomba senza nome;
per Padre Pino e Don Giuseppe, che quando dall’altare declamavano con partecipazione e consapevolezza Beati quelli che sono perseguitati per la giustizia, perché di loro è il regno dei cieli, forse già sentivano come questo passo del Vangelo sarebbe diventato il loro epitaffio
per tutti quelli che non conosciamo, di cui non sappiamo nulla;
per tutti coloro che sono morti per aver rischiato di vivere da cittadini;
e anche per noi e per i nostri figli;
per non soccombere alla cultura del “non sono fatti miei”.
Il 21 marzo tutti a Ventimiglia!
Francesco Sarchi