“Un Natale allegro! Che motivo hai tu di stare allegro? Che diritto? Sei povero abbastanza, mi pare.”
Questa la risposta del signor Ebenezer Scrooge al nipote venuto da lui per invitarlo alla festa di Natale di quella sera. Una ragionevole risposta se si conta quale genere di personaggio sia quello inventato da Dickens. In fondo un avaro che vive nella solitudine di una realtà fatta solo del risuonare ondeggiante delle monete strette in pugno in quale altro modo potrebbe pensarla? Ma, facendosi voce anche della nostra coscienza, la replica del nipote non si fa attendere:
“Via, via. Che diritto avete voi di essere triste? Siete ricco abbastanza, mi pare.”
Parole, queste, che forse ciascuno di noi sarebbe stato pronto a dire al signor Scrooge, una ribellione nei confronti di chi non riesce a vedere un mondo diverso da quello terribile della materia prima della vita, del consumo prima dell’apprezzamento. Ci sentiamo soddisfatti quando ci accorgiamo di essere parte di quella fazione di umanità devota alla gioia e all’amore puro. Una sensazione di compostezza e tranquillità ricavata dal sentirci a posto, giusti, corretti, cordiali. In realtà Charles Dickens ha voluto marcare la personalità dell’Avaro senza lasciare alcun dubbio che questi fosse malvagio ed effettivamente dalla parte sbagliata della ragione. Nella vita, inutile dirlo, non è così netta e pulita la linea che divide il buono dal cattivo, l’avaro dal caritatevole, l’onesto dal bugiardo, il vigliacco dal coraggioso. Ciascuna persona è un mescolarsi imperfetto di tutte queste caratteristiche, una normale anomalia uguale ma diversa per tutte le menti di questo mondo. Pertanto, sarà così impossibile non riconoscersi nel terribile e cattivissimo Ebenezer Scrooge? “O che altro è il Natale se non un giorno di scadenze quando non s’hanno danari; un giorno in cui ci si trova più vecchi di un anno e nemmeno di un’ora più ricchi”.
Egli continua a difendersi in questo modo e non posso fare a meno di sentirmi io stessa presa sotto gamba da questa affermazione. La verità è che l’odio che si dimostra non è altro che paura, Scrooge aveva paura della povertà e della vecchiaia, non della solitudine, ed è per questo che la sua vita è diventata così fredda. Cos’è che mi spaventa così tanto, da rovinarmi la vita pur di scamparmela? Possibile che io stessa sia un po’ un signor Scrooge, pronto a distruggere il proprio Natale nella sola speranza di scappare per un altro anno dalla mia stessa paura? In fondo ci sono infiniti modi di dimenticarsi della gioia in questo mondo così tanto assolato, perché è il sole più cocente che crea le ombre più dense. Forse il troppo avere ci sta facendo creare bui più profondi di quelli che il signor Scrooge aveva nell’animo. E chi li crea questi pozzi? Chi mette buchi di odio nella nostra società? Lascio al lettore la risposta ma lascio anche un monito; di signor Scrooge è pieno il mondo e decisamente non tutti hanno la fortuna di incontrare tre spiriti pronti ad aiutarlo a comprendere quale senso la vita abbia e quale dolore questi stia causando. Queste persone continueranno a fare del male perché sono la maggioranza. In troppi vivono nei punti più bui e ciechi di questa nostra società, illuminata dal risplendere delle monete d’oro e così si aiutano l’un l’altro a distruggere il mondo circostante solo per divorare e saziarsi di luce.
Ma a Natale siamo tutti più buoni. A Natale si deve badare ai più sfortunati di noi. E allora questo Natale, tutti insieme, staremo vicini ai più poveri dei poveri, ai veri poveri che questa nostra realtà ha creato: ai poveri di amore. A quelle persone sole, circondate esclusivamente dal loro egoismo e dalla loro perfidia. Perché dietro ad ogni cattiveria c’è un mondo di vuoto che distrugge e si espande affogando la bellezza e la gioia. E infatti, nel finale della storia, il signor Scrooge, lasciatosi infine invadere non solo dalla leggerezza del Natale ma anche dalla bellezza del calore sincero delle persone, semplicemente “anch’egli, in fondo al cuore, rideva: e gli bastava questo, e non chiedeva altro”.
Ufficio Stampa G.D. Cassini
Anna Mastrantuono