Tra il 1880 e il 1930, la società Argentina si rese protagonista di un notevole sviluppo economico, favorito al progresso tecnologico nell’agricoltura, all’incremento delle infrastrutture portuali e ferroviarie e sostenuto da investimenti britannici e dall’immigrazione europea. Furono anni di democrazia costituzionale gestita da governi conservatori prima e dall’Union Civica Radical dal 1916 al golpe militare del 1930. Fu un periodo di battaglie sociali e per i diritti civili in cui lottarono fianco a fianco locali e immigrati. Tra questi ultimi giganteggia la figura di Julieta Lanteri, nata nel 1873 a di Piaggia, a cavallo tra Liguria, Provenza e Piemonte, e registrata all’anagrafe come Giulia Maddalena Angela.
La sua famiglia emigrò in Argentina quando lei era bambina e si stabilì prima a Buenos Aires e poi a La Plata. Julieta iniziò presto a far parlare di sé e non solo per essere una delle prime cinque o sei donne e senz’altro la prima emigrante a laurearsi in medicina e a esercitare la professione medica. Nel 1904 fondò la Asociación de Universitarias Argentinas, finalizzata a favorire l’accesso all’istruzione universitaria per le giovani. Poi in un crescendo di impegno civico, nell’arco di sette anni, diede vita alla Asociación Argentina de Libre Pensamiento, alla Liga Nacional de Mujeres Librepensadoras, al giornale La Nueva Mujer, alla Liga por los derechos de la Madre y del Niño, alla Liga contra la trata de blancas e organizzò, nella capitale, il Primer Congreso Femenino Internacional.
Inoltre, sfruttando le pieghe e i margini di interpretazione della legge riuscì ad ottenere la cittadinanza e il conseguente diritto di voto, prima donna in tutto il Sudamerica. Prima e per diversi decenni unica, dato che la legge elettorale venne modificata l’anno seguente, garanzia di segretezza del voto e suffragio universale, ma solo maschile. Con lo stesso sistema Julieta iniziò allora la lotta per potersi candidare. Lo fece nel Partido Socialista e poi nel Partido Feminista Nacional, altra sua creatura di ispirazione laica e socialista.
Perse la vita nel in uno “strano incidente d’auto” che si rivelò poi un crimine politico tre giorni dopo il golpe del generale Justo. Era il febbraio del 1932, proseguiva così la lunga notte della democrazia argentina.
Qualche anno fa Inés Cuesta le dedicò un’opera teatrale, La Comandante Julieta, e nell’ottantesimo anniversario della sua morte la Camera dei Deputati le rese omaggio per il suo impegno politico e civile.
Noi la ricordiamo con queste sue parole, testamento spirituale di tutti i martiri della dignità e della libertà umane: Los derechos no se mendigan, se conquistan.
Francesco Sarchi