[beevideoplayersingle videourl=”https://vimeo.com/237099733″]Le parole fanno male, feriscono, e una volta dette, non si possono cancellare. Per questo Graziella Priulla, sociologa, nel suo libro le definisce tossiche.
“Ultimamente, spiega la scrittrice, si è sdoganato il turpiloquio, anziché essere un’eccezione, non solo è diventato diffuso, ma è anche accettato. La nostra soglia del disagio rispetto al parlare sboccato, volgare e violento, si è abbassata non solo nella nostra vita privata ma anche in televisione, perfino nei luoghi istituzionali quello che un tempo chiamavamo un linguaggio da osteria e da caserma”. Ma sono soprattutto i ragazzi di oggi che “sono nati quando era così e quasi non se ne accorgono” i soggetti più fragili e da tutelare.
Ritrovare la bellezza delle parole, secondo la sociologa non è un impresa impossibile “per una questione di orgoglio ma anche di educazione“.